BLOCCARE LA CITTA’ PER RIPARTIRE! OLTRE IL 15 OTTOBRE

L’incontro promosso da Roma Bene Comune che si è svolto al Volturno okkupato, ribadisce la necessità che la mobilitazione transnazionale del 15 ottobre che nel nostro paese porterà decine di migliaia di persone a Roma, si rappresenti come assedio permanente della city politica.

Per affermare chiaramente che il 15 ottobre “a casa non si torna”, si propone la costruzione di uno spazio pubblico di corteo che dia voce ai conflitti sociali, ai movimenti indipendenti, alle lotte per i beni comuni e contro le devastazioni ambientali, ai precari e alle precarie, agli studenti e alle studentesse, ai migranti e alle migranti.

Si propone altresì che lo slogan “it’s not our debt_global revolution” venga assunto come riferimento comune e che la strategia dell’assedio venga rappresentata nelle diverse forme possibili dalle realtà che decideranno di far parte di questo spazio comune e da chi si riconosce su questi contenuti.

Importante che questa area di corteo non venga caratterizzata da bandiere e simboli di partito e sindacato. Le forze politiche e sindacali che sentono di condividere questo spazio pubblico devono consentire che i movimenti siano i veri protagonisti di questa giornata.

BLOCCARE LA CITTA’ PER RIPARTIRE!

OLTRE IL 15 OTTOBRE

ACCAMPIAMO DIRITTI – LIBERIAMO ENERGIA – ACCENDIAMO SPERANZA

A CASA NON SI TORNA”

Verso la mobilitazione europea del 1° Novembre contro il vertice G 20 del 2/3/4 Novembre a Cannes/Nizza

 

 

CONFLITTO E INDIPENDENZA, VERSO IL 15 OTTOBRE: RIUNIONE NAZIONALE

Dall’assemblea nazionale a Roma, verso ed oltre la giornata di mobilitazione euro mediterranea del 15 Ottobre prossimo

A circa 20 giorni di distanza dalla vera e partecipata assemblea nazionale che si è tenuta presso l’ex deposito ATAC di San Paolo a partire dall’appello lanciato da Roma Bene Comune, si avvicina il momento del prossimo incontro in cui ci troveremo per:

Capire insieme come implementare la settimana di mobilitazione diffusa che precederà lamanifestazione nazionale a Roma;

Definire quali caratteristiche dare allo spezzone IO IL DEBITO NON LO PAGO per il diritto all’insolvenza;

Con quali modalità e pratiche caratterizzare la nostra plurale partecipazione alla manifestazione del 15 Ottobre;

Iniziare a ragionare attorno alla costruzione del FORUM DEI MOVIMENTI INDIPENDENTI che abbiamo immaginato per il mese di Novembre.

SUL 15 OTTOBRE in particolare,mentre tutti e tutte lavoriamo per la riuscita di una manifestazione più ampia e partecipata possibile, ci sembra necessario comprendere insieme come riuscire a mettere al centro di quella giornata (come dei giorni precedenti e delle settimane a venire), il protagonismo delle tante lotte sociali contro la crisi e la precarietà, contro la devastazione dei territori e le privatizzazioni, per il reddito ed il libero accesso alla cultura ed ai saperi, per i diritti dei migranti.

Come dare voce a chi dichiara la propria esistenza incompatibile con i vincoli di bilancio ed i ricatti che lobby finanziarie, banche, padroni e potentati vogliono continuare ad imporci con la complicità di un sistema dei partiti ormai mero esecutore dei loro interessi.

Come moltiplicare queste voci e queste lotte alimentando un vasto movimento in grado di diffondere il nostro conflitto ed allargare la loro crisi, tornando ad immaginare l’alternativa come capolinea di un capitalismo sempre più impazzito e infame.

Fare questo, a nostro avviso, vuole dire anche rifiutare la logica del “conflitto si ma non ora” che rischia di perpetuarsi all’infinito come una tragicomica litania. Sono le condizioni materiali di vita, le nostre esistenze molteplici e precarie, che non possono davvero più aspettare.

Anche per queste ragioni invitiamo calorosamente tutti e tutte a raggiungere Roma, la riunione è fissata per SABATO 8 OTTOBRE Alle ORE 11.00 Presso il Volturno Occupato (in via Volturno 37 – Termini)

Roma Bene Comune

6 OTTOBRE ASSEMBLEA PUBBLICA: NOI IL DEBITO NON LO PAGHIAMO!

MOZIONE CONCLUSIVA ASSEMBLEA NAZIONALE 10 SETTEMBRE ROMA BENE COMUNE

L’assemblea nazionale realizzata a partire dall’appello proposto da Roma Bene Comune, che si è tenuta oggi 10 settembre 2011, ha raccolto nella struttura dell’ex deposito Atac di San Paolo a Roma una partecipazione che non si vedeva da tempo di collettivi, associazioni, movimenti, realtà del sindacalismo conflittuale e di base; una partecipazione ampia ed attiva soprattutto di moltissimi attivisti e persone che hanno deciso di prendere parte ad un momento di confronto realmente orizzontale e partecipativo, offrendo la propria disponibilità a mettersi in gioco dentro una nuova stagione di conflitto e trasformazione dal basso.

Innanzitutto le tante soggettività intervenute hanno condiviso la necessità di alimentare e costruire un processo indipendente, che rifiutando deleghe e scelte di rappresentanza istituzionale, respinge qualunque ipotesi di alternanza di Governance della crisi del capitalismo e affermi la necessità di costruire l’alternativa dentro il conflitto. Un processo indipendente che valorizzi ed amplifichi il peso delle tante lotte che crescono nel nostro paese e che faccia di esse processo costituente e trasformativo.

Un processo aperto e plurale, che cresca come luogo pubblico di confronto ed iniziativa, dentro il quale le soggettività consolidate si rendono disponibili a fare un passo indietro ricercando nuovi spazi di protagonismo sociale e politico, di sperimentazione di linguaggi e di pratiche. Un processo, quindi, al quale intendiamo dare continuità senza scorciatoie o accelerazioni politiciste.

Un processo che guarda lontano e si alimenta da subito delle tante iniziative di contestazione alla nuova manovra dettata dalla BCE che il governo Berlusconi ci sta imponendo con la complicità delle false opposizioni politiche e sindacali, che si nutre delle tante lotte sociali, da chi nei territori si batte per la difesa dei beni comuni, per l’accesso ai saperi, per i diritti dei lavoratori e lavoratrici, contro la precarietà e contro il razzismo e le discriminazioni.

In questo quadro la data della mobilitazione internazionale del 15 ottobre prossimo convocata dai movimenti europei e del mediterraneo è una occasione fondamentale che non potrà essere rinchiusa nei recinti angusti di nessuna rappresentanza .

Il terreno comune su cui sperimentarsi proprio a partire dai prossimi giorni e settimane, prima e dopo la giornata del 15 ottobre è una campagna di iniziativa e mobilitazione che metta al centro una parola d’ordine ed un concetto chiaro: il debito attraverso il quale ci vogliono far pagare il prezzo della loro crisi, non è il nostro, non lo abbiamo contratto, noi non lo paghiamo. Questo vuol dire smascherare e agire contro i responsabili della crisi e i loro simboli, riconquistando la sovranità ed esercitando nuove forme di riappropriazione di reddito e di vita.

L’assemblea individua come tappe condivise di questo percorso i seguenti passaggi:

– Dare vita a partire dalla giornata di Lunedì prossimo a manifestazioni in tutta Italia contro la manovra finanziaria in occasione della ripresa delle discussioni parlamentari; per Roma riprendere e rilanciare la piazza dell’indignazione a Montecitorio.

Una settimana di lotta da costruire nei territori, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nelle città a partire dalla composizione delle lotte esistenti , dal 10 fino al 15 ottobre, con al centro appunto la parola d’ordine: IL DEBITO NON E’ IL NOSTRO, NOI NON LO PAGHIAMO.

Costruire e Amplificare la mobilitazione del 15 ottobre, a partire dalle parole d’ordine e dai contenuti proposti dalle reti europee, che hanno promosso la mobilitazione Internazionale, definendo le modalità e le pratiche di una nostra partecipazione collettiva. A TAL FINE PROPONIAMO LA COSTRUZIONE DI UNA RIUNIONE NAZIONALE APERTA PER DEFINIRE LE MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE e IL PERCORSO DI AVVICINAMENTO alla MANIFESTAZIONE.

Ampliare e Garantire la partecipazione dei movimenti italiani alle mobilitazioni che si terranno in occasione del G20 a CANNES-NIZZA dal 1 al 4 Novembre.

Costruire alla metà di NOVEMBRE un Forum Nazionale dei movimenti sociali indipendenti.

L’assemblea coglie come occasione di confronto le iniziative indette per il 17 settembre contro la finanza internazionale e le borse europee, l’assemblea del 1 ottobre dell’appello “dobbiamo fermarli” e la costruzione dello sciopero precario.

L’assemblea esprime inoltre la sua incondizionata solidarietà alle persone arrestate in VAL di SUSA ( 9 settembre) e a Napoli ( 6 settembre)

Roma 10 Settembre 2011

 

INDIPENDENZA E CONFLITTO SOCIALE: INCONTRO NAZIONALE A ROMA 10 SETT

Molte ed importanti sono le mobilitazioni e le lotte che hanno scandito il ritmo della stagione politica che stiamo tuttora vivendo e animando. Emblematici sono stati, e sono, i conflitti delle popolazioni campane sul tema dei rifiuti e delle nocività; le rivolte dei migranti dentro e fuori i CIE; le mobilitazioni degli studenti contro una università sempre più escludente, selettiva e soprattutto contro una condizione di precarietà sempre più feroce ed invasiva; la grande avventura referendaria, straordinaria scommessa giocata e vinta dal basso; ora, ma non da oggi, la resistenza e la ribellione della popolazione della Val di Susa contro la folle aggressione TAV ai danni del territorio e delle sue risorse; passando certamente per la data del 14 Dicembre a Roma, dove i mille rivoli delle nostre esistenze veloci e precarie si sono incontrati in un pomeriggio di rabbia e rivolta.

Non episodi, ma vicende, percorsi che dobbiamo continuare a difendere e diffondereancora con coraggio, lucidità, determinazione. Esperienze di autorganizzazione e di conflitto, che già non vivono in solitudine, perché attorno ad esse crescono ovunque nuove lotte contro la precarietà e la crisi, per il diritto all’abitare, per la difesa dei territorio e la riconquista dei beni comuni, per il reddito.

Del resto la crisi morde ogni giorno più forte e non sembra di scorgere all’orizzonte vie d’uscita. I “signori” della rendita e del profitto continuano la loro folle corsa per mettere a “valore” città, territori, ogni aspetto delle vite di ognuno e ognuna di noi. La casta dei politici di professione è sempre più lontana dai bisogni, dai desideri e dalle aspirazioni dei precari e delle precarie, di chi ha già abbondantemente pagato il prezzo della loro crisi. Molti, moltissimi/e sono ormai convinti che sia possibile e necessario fare politica da se, costruire società in altre forme, mettere in discussione a partire dalla materialità delle nostre vite questo modello economico e sociale, prendere per il collo il futuro ed il presente che vorrebbero negarci.

Anche per questo di fronte ad una manovra economica da 70 miliardi non è accettabile nessuna logica di “riduzione del danno”. Come non possiamo permetterci di far passare sulle nostre teste nessun nuovo patto sociale corredato di lacrime e di sangue. Tanto meno è possibile, di fronte ad una ricetta autoritaria ed impositiva, pensare che la soluzione sia cambiare colore alla governance con operazioni di “maquillage” che non possono che nascere già seppellite: la logica dell’alternanza, bipolare o proporzionale, è tutta dentro la ricerca di più adeguate forme di gestione della crisi, è un tentativo di fare la respirazione bocca a bocca ad un sistema impazzito ed incapace di trovare nuove soluzioni ed equilibri.

La strada non può che essere un’ altra, diversa. Nella nostra esperienza locale con ROMA BENE COMUNE siamo riusciti a mettere in connessione una pluralità di lotte che vanno dalla difesa dai licenziamenti alla conquista di diritti sul lavoro, alla lotte per il reddito di cittadinanza; dalle lotte per il diritto all’abitare alle mobilitazioni contro le cementificazioni e le devastazioni ambientali, per il riuso della città e del patrimonio pubblico; dalle lotte dei precari della cultura e della conoscenza a quelle studentesche dei medi e degli universitari.

Respirare insieme per cospirare insieme, qualcuno diceva, e ci si sta provando. Senza la pretesa di annullare peculiarità, differenze, soggettività, con l’idea, però, di mettere in gioco il nostro patrimonio di elaborazione e aggregazione sociale non in maniera “asettica” o peggio strumentale, ma costruendo passo dopo passo pratiche di conflitto e di organizzazione più pungenti e adeguate alla fase che ci troviamo ad attraversare. Una scommessa non semplice che ha già dimostrato di rendere più forti le vertenze e le lotte che ciascuno fino ad ora aveva condotto in “solitudine” e che ha aperto importanti spazi di movimento in una realtà resa sempre più spesso asfittica dalla mancanza di luoghi pubblici di cooperazione, troppo spesso rinchiusa dentro angusti ed astratti recinti di calcolo soggettivo.

Un’esperienza, diversa ma simile, siamo convinti sia necessario alimentarla sul piano nazionale. Perché ogni vertenza ogni lotta, anche la più solida da sola è condannata ad avvitarsi su se stessa con il rischio di essere sconfitta. Perché la frammentazione dell’esistente è oggi talmente profonda da uscire dalla dimensione semplicemente “produttiva” ed “economica” per entrare nella sfera emozionale e dell’immaginario. Perché, dunque, è necessario ricomporre dal basso, inventare un nuovo processo di reciproco riconoscimento, ricostruire nella piazza, dentro le lotte, nella chiarezza dell’indipendenza, l’immaginario e lo spazio del conflitto, la possibilità della trasformazione radicale dell’esistente.

Per questo, senza chiusure e senza ideologismi, vogliamo condividere con le altre lotte, con gli altri movimenti, le reti indipendenti e il sindacalismo conflittuale l’idea di percorrere insieme il prossimo autunno dando voce e forza alle tante esperienze indipendenti ed autorganizzate.

Proponiamo in questo senso un primo incontro nazionale per Sabato 10 Settembre a Roma nello spazio dell’ex deposito ATAC S. Paolo sottratto dai movimenti alla vendita e alla speculazione.

E’ vero un vento nuovo ha cominciato a soffiare. Ma è compito nostro provare ad alzare le vele e con la nostra “nave dei folli” tornare ad inseguire l’orizzonte.

Roma Bene Comune

 

video 14 aprile bologna

manganellate contro lavoratori e inquilini resistenti: la politica di Errani (emilia romagna)

La Giunta Errani fa manganellare lavoratori USB e gli inquilini dell’ASIA.

Oltre un centinaio di persone al presidio USB e ASIA sotto la Regione Emilia
Romagna per chiedere il diritto al lavoro, il diritto all’abitare e lo stop
dei tagli al welfare.

Una manifestazione che ha rivendicato la necessità di una inversione
radicale delle politiche regionali che sono totalmente inefficaci rispetti
agli effetti della crisi economica.

Ci siamo presentati sotto la Giunta regionale per presentare alla stessa
alcune proposte per i cassa integrati, per contrastare gli sfratti, nonché
per consegnare le prime 5000 firme di cittadini contro gli aumenti dei
biglietti nel trasporto pubblico locale.

Errani ha risposto alla nostra richiesta sgomberando violentemente i
lavoratori dall’atrio della Regione.

Solo la determinazione dei manifestanti ha obbligato una delegazione della
Giunta, il vice presidente Bertelli e l’Assessore Muzzarelli ha ricevere una
rappresentanza della USB e dell’ASIA.

La delegazione ha consegnato ai rappresentanti della Giunta i documenti
con le proposte e le richieste per il reddito, per la casa, per il welfare.

La delegazione non è volutamente entrata nel merito delle questioni per
sottolineare e contestare alla Giunta il comportamento da cioccolatai
tenuto nei confronti di USB in questi anni, anche su questo è stato
consegnato loro un breve dossier che alleghiamo in fondo a questo comunicato
stampa. La delegazione ha sottolineato che la violenza perpetuata nei
confronti dei lavoratori in presidio qualifica di per se l’operato della
giunta.

La delegazione USB ha chiesto a questa Giunta di decidere se intende avere
relazioni sindacali serie con USB e l’ASIA o se deve continuare l’attuale ostracismo nei confronti dell’organizzazione sindacale di base.

Nei prossimi giorni riprenderemo la mobilitazione sotto la Regione e
ricorderemo ad Errani che la Regione non è casa sua ma casa di tutti i
cittadini e lavoratori della nostra regione.

14 aprile 2011
USB Emilia Romagna
ASIA-Emilia Romagna

Giovedì 14 aprile 2011 tutti in piazza! Que se vayan tod@s!

Affittopoli è l’ultimo scandalo che porta alla luce il volto della cricca pidiellina: ladri, mafiosi, affaristi in doppiopetto.

Chi seduto al governo si è rubato tutto a colpi di magna magna, e ride alle nostre spalle mentre sperpera i soldi pubblici e continua a godersi il patrimonio che ci ha sottratto sotto gli occhi.

Una mazzetta dopo l’altra, si sono spartiti i nostri territori, devastandoli e intossicandoli a suon di speculazioni e provocando la più grossa emergenza abitativa degli ultimi vent’anni. Hanno cancellato ogni diritto, eppure si sono garantiti non pochi privilegi: la cricca può permettersi di avere case a prezzi stracciati, può sanare abusi edilizi anche per sfizio pur di avere una Bat Caverna dove far giocare i suoi rampolli, mentre tutti gli altri fronteggiano le spese di affitti alle stelle o mutui con tassi d’interesse da usurai, e difendere la casa dagli sfratti e dagli sgomberi. Possono permettersi di pagare falsi attori per raccontare di ricostruzioni fasulle a L’Aquila, elogiare il governo Berlusconi, e millantare case inesistenti per tutti gli abitanti.

La crisi si fa sentire, e la cricca fa sparire tutto il resto. Il 60% della popolazione non arriva a fine mese, non riesce a pagare l’affitto nemmeno nelle case popolari, il risparmio complessivo delle famiglie italiane si e’ ridotto di circa 20 miliardi di euro (il 60% in meno per ogni italiano) e la disoccupazione giovanile colpisce un giovane su tre.

Infine tra multe, tassi d’interesse e mutui e prestiti, ci hanno costretto ad una catena continua di debiti, dalla quale è impossibile uscire.

Ci chiediamo con che faccia tosta chi ha distrutto piccole garanzie come quella dell’equo canone e annientato l’edilizia residenziale pubblica si è tenuto per sé belle e spaziose casette in centro, crede di poterci governare ancora; ci chiediamo perché se lorsignori ricconi pagano affitti da 40 euro al mese noi dovremmo pagare centinaia di euro per vivere nelle case del Comune: qual’è l’ “equo canone” che spetta a un povero, a un precario, a uno studente, a un pensionato, ai nuclei monoreddito?

E’ proprio in questo scenario che bisogna rilanciare le nostre lotte, le sole dalle quali può sollevarsi un nuovo grido collettivo da concretizzare attraverso pratiche reali e riproducibili: cacciare il rais è possibile! que se vayan todos! Davanti e dietro Berlusconi ma anche ad una opposizione sempre più spesso inesistente e inguardabile, uno per uno, tutti i cortigiani della cricca pidiellina, gli speculatori e i mafiosi che svendono e devastano i nostri territori e si riempiono le tasche con gli introiti di affari illeciti e appalti truccati. Le ricchezze che loro intascano sono prodotte da noi, attraverso la nostra intelligenza, il nostro lavoro, la nostra cooperazione. Per questo vogliamo riappropriarcene; cominciando a prenderci le case che lorsignori lasciano vuote, smettendo di pagare gli affitti e i mutui ai banchieri che ci stringono in una catena infinita di rate e debiti, difendendo i nostri territori dai loro artigli, non lasciandogli mettere le mani sui nostri beni comuni, difendendo il nostro diritto a restare negli alloggi da dove ci vogliono cacciare perché siamo un inquilinato resistente ed indisponibile alle speculazioni immobiliari degli enti, degli istituti di credito e delle società assicurative.

Giovedì 14 aprile in tutta Italia i movimenti di lotta per la casa, l’inquilinato resistente, i comitati e le realtà territoriali promuovono una giornata di mobilitazione più ampia e diffusa possibile.

Scendiamo in piazza, occupiamo palazzi e case vuote, assediamo i palazzi del potere, colpiamo gli interessi della rendita, del capitale finanziario, delle banche.

Abitare nella crisi

 

 

FERMIAMO LE DIS/MISSIONI:CONTRO LA GUERRA, PER L’USO PUBBLICO DELLE CASERME

NO ALLA SVENDITA DEI BENI PUBBLICI PER FINANZIARE I PROFITTI PRIVATI E LA GUERRA IN LIBIA: VOGLIAMO CASE POPOLARI, ASILI, SCUOLE, AMBULATORI E SERVIZI PUBBLICI NELLE CASERME.

Mentre l’avanzare della crisi porta ad esplodere l’emergenza casa, la politica abitativa della giunta Alemanno conferma di essere tagliata su misura per i palazzinari. Mentre aumentano a dismisura gli sfratti per morosità, e i pignoramenti, a Roma non esiste, né è in previsione, un nuovo bando per le case popolari: chi è in testa alla graduatoria da anni (i famosi “10 punti”) può continuare ad aspettare e sperare all’infinito. Tutti gli altri si arrangino.

Invece di affrontare la situazione, Alemanno preferisce regalare ai palazzinari la possibilità di edificare milioni di metri cubi di edilizia privata che, visti i prezzi di mercato e le speculazioni in corso, rimarranno irraggiungibili ai più.

Ogni impegno che Alemanno ha pomposamente assunto è stato subito dimenticato. E’ successo l’ultima volta in occasione della manifestazione dei movimenti di lotta contro i cosiddetti “stati generali” dell’EUR, il mese scorso, in cui con grande enfasi il sindaco prese impegni ben precisi dei quali si è persa qualunque traccia.

La più evidente regalia alla speculazione a spese dei cittadini è la vergognosa operazione di valorizzazione delle caserme in disuso. Un enorme patrimonio già edificato in zone centrali e semicentrali, viene venduto a prezzi bassissimi ai privati, che costruendo alloggi di lusso, alberghi, centri commerciali e simili, guadagneranno una cifra stimata in decine di miliardi di euro.

Di questo fiume di soldi, la misera cifra di 500 milioni andrà nelle casse del comune. Una parte più consistente andrà al ministero della difesa, e tutto il resto ad arricchire la rendita.

Per tutti questi motivi non è accettabile che, proprio mentre l’Italia è impegnata in una avventura neo-colonialista in Libia tanto maldestra quanto criminale, un bene pubblico di tale entità serva a finanziare i profitti di pochi anziché a dare risposta a chi in questa città vede la sua vita farsi sempre più difficile.

Per questo la caserma di via Papareschi ce la siamo presa da soli/sole e non ce ne andremo.

Basta regali ai palazzinari!

Nelle caserme pubbliche vogliamo case popolari, asili, scuole e servizi di pubblica utilità!

Invitiamo tutti i comitati per l’uso pubblico delle caserme, associazioni, centri sociali e semplici cittadini stufi di vedere i loro territori devastati dalla voracità del partito del cemento a partecipare alla

ASSEMBLEA PUBBLICA

OGGI 24 marzo 2011 alle ORE 17

in via Papareschi, zona piazzale della Radio

Movimenti per il diritto all’abitare

Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa

Blocchi Precari Metropolitani

Comitato Obiettivo Casa

19/20 marzo: abitare nella crisi torna a L’Aquila

Solo il 26 e 27 Febbraio scorso “Abitare nella crisi”, nella sua navigazione ha toccato un’altra sponda contribuendo allo sviluppo di un proficuo momento di confronto organizzato a Napoli dalla Rete campana salute e ambiente sul nesso tra grandi opere, grandi eventi e i grandi affari. I grandi affari che in tempo di crisi continuano ad ingrossare le tasche dei capitalisti italiani saccheggiando risorse che sarebbero invece necessarie per la tutela di un territorio insopportabilmente devastato da inquinamento criminale e dissesto idrogeologico e per una non più procrastinabile redistribuzione del reddito verso quelle componenti sociali precarie e in via di precarizzazione che subiscono in prima persona gli effetti della crisi.

Un altro importante pezzo di ragionamento è stato accumulato incastrandosi nel percorso comune attivato da ormai più di un anno tra realtà di molte città italiane impegnate sul fronte della lotta per il diritto all’abitare, il contrasto alla rendita, alla speculazione, alle nocività e per la difesa dei beni comuni, assumendo anche il tema dei referendum per l’acqua pubblica e contro il nucleare come ulteriori percorsi di confronto e di lotta.

Ci riconvochiamo nella città de L’Aquila che dopo il dramma del terremoto e la rapacità della shock economy legata alla ricostruzione, ha conosciuto la forza di migliaia di persone che si sono mobilitate per il diritto ad una città vera e pubblica al posto di quella militarizzata e surrogata che il post emergenza ha restituito. Partiremo proprio dalla nuova occupazione sociale aperta nel cuore della città per riannodare i fili di quelle tele che ognuno sui propri territori sta intrecciando nel tentativo, oggi più che mai voluto e auspicato, di far emergere un disegno comune in grado di fermare la corsa di un capitalismo vorace e onnivoro che devasta i territori e distrugge diritti.

I tentativi speculativi riguardanti aree ex industriali o agricole, nei quali l’opportunità della costruzione è dettata dalla possibilità di riciclare denaro e dalla volontà di incrementare le rendite (oltre che, nel caso dell’industria, di delocalizzare), aggravano ulteriormente l’impatto della crisi sull’abitare i territori, attraverso sia l’imposizione di un ricatto sia la ricerca di un consenso: il ricatto all’ente locale si fonda sulla possibilità di incassare gli oneri di urbanizzazione (opere o cash) mentre quello al cittadino si fonda sulla “minaccia dell’abbandono” funzionale alla strategia per ottenere consenso in cui si tratta ciò che in realtà è una speculazione come un’occasione per ottenere lavoro (in realtà sottopagato e senza diritti) e case (a prezzi inaccessibili e quindi prevalentemente sfitte ed invendute). Le istituzioni locali, oltre che essere in una posizione di svantaggio che impedisce un governo reale del territorio, non perdono occasione per dimostrare una netta connivenza con queste operazioni speculative.

Del resto dilagano nelle cronache gli scandali di affittopoli e svendopoli, prosegue ed accelera di fronte alla crisi ed ai tagli la svendita del patrimonio pubblico, di quello degli enti previdenziali, delle case popolari proprio mentre la precarietà abitativa, come un virus, coinvolge sempre più persone quando non diviene vera e propria emergenza. Mentre pochi continuano ad arricchirsi per una rendita spropositata, si continua a richiedere l’esecuzione di migliaia di sfratti soprattutto ai danni di chi diventa moroso per l’incompatibilità tra un livello degli affitti senza precedenti ed un reddito sempre più basso e discontinuo. Dopo una finestra lunga più di un mese, anche quest’anno la montagna ha partorito il topolino di un provvedimento di salvaguardia per poche categorie “protette” drammaticamente insufficiente. Mentre si pensa, con cosiddetti “piani casa regionali” e con l’housing sociale, a realizzare un far west dell’ urbanistica e dell’edilizia dando spazio e fiato all’industria della cementificazione, rimane intonsa la famigerata legge 431 sul libero mercato degli affitti, non c’è neppure l’ombra del necessario investimento sull’edilizia residenziale pubblica, di un piano di case popolari che rappresenta l’unica risposta possibile per i tanti/e che sono già sprofondati nel grande buco nero della crisi abitativa e sociale.

Negli ultimi tempi però la precarietà abitativa ha rappresentato per tutti noi un importante terreno di convergenza tra le soggettività di precari frammentate e atomizzate nella metropoli: ne è emerso un corpo sociale meticcio fatto di italiani, rom e migranti, giovani precari e anziani con la pensione, madri sole con figli e mariti separati rimasti senza casa, tutti uniti da una precisa condizione materiale dalla quale prendono corpo vertenze importanti ed articolate, dalle occupazioni di case e spazi socio – abitativi, dalle resistenze dell’inquilinato e a quelle degli inquilini senza titolo,dalle lotte per il recupero e l’autorecupero del patrimonio dismesso fino alla questione connettiva e generale della richiesta di nuove case popolari.

Dopo aver costruito un tessuto di analisi e proposte condiviso, nella due giorni dell’Aquila saremo chiamati dunque a definire i passaggi concreti attraverso i quali articolare, nel paese, campagne e battaglie comuni.

Questo è l’obiettivo che la due giorni di discussione crediamo debba mettere al centro ed assumere. Certamente assumere questa centralità rispetto alle giornate del 19 e del 20 Marzo prossimi, non vuol dire astrarre la riflessione, il percorso, le lotte che si intrecciano nello spazio di abitare nella crisi dalla fase che stiamo attraversando e vivendo. Vuol dire al contrario farsi carico della necessità di costruire un più vasto movimento che metta al centro la questione del “diritto di suolo” e del “diritto al reddito” come rottura del ricatto dei profitti sulle nostre vite. Se a livello locale le nostre lotte si contrappongono quotidianamente metro dopo metro allo strapotere della rendita strappando con le unghie il diritto alla casa e all’abitare, a livello nazionale è necessario connettere la questione della garanzia di reddito per tutti a quella dei beni comuni.

Indichiamo sin da ora nella manifestazione sull’acqua pubblica e i beni comuni del 26 marzo a Roma un importante appuntamento da far crescere ed in cui confluire anche unitariamente. Ma altre possono essere le suggestioni e le proposte da percorrere e praticare. I due giorni di Abitare nella Crisi ed i prossimi Stati Generali della Precarietà convocati a Roma per il 15, 16 e 17 Aprile, rappresentano due snodi cruciali se si vuole determinare la crescita ed alimentare un più vasto movimento che raccolga la rabbia e la voglia di cambiamento che si è espressa da Terzigno, alla Val di Susa, passando per molte altre città e territori, fino all’esplosione di piazza del Popolo a Roma.

 

A breve info sul programma