(parma) nuova occupazione

Parma – La Rete Diritti in Casa occupa due

appartamenti inutilizzati da anni in via

Buffolara

Continua la campagna “Senza casa non ci sto!”.

4 / 12 / 2010

La crisi colpisce duro e indistintamente. Basta un po’ di sfortuna e di punto in bianco ci si può trovare senza quel minimo di garanzie sociali e di benessere che consentono di passare una vita serena.

Se ne stanno accorgendo sempre di più i giovani, cui è negato ogni prospettiva di futuro, i migranti che sono l’anello più debole della catena perché ricattati a tutti i livelli, ma la crisi comincia a colpire duro anche tanti soggetti e famiglie italiane, anche i parmigiani.

Gli sfratti sono uno degli indicatori più chiari del fatto che la crisi è profonda: sono principalmente sfratti per morosità di chi non ce la fa più perché il reddito è poco e gli affitti sono esorbitanti, grazie alla fiducia che i nostri governanti hanno riposto nel mercato.

Oggi due famiglie con bambini in tenerissima età sono costrette a riprendersi da sole quello che sia il mercato che il pubblico continuano a negare loro, cioè l’accesso ad un alloggio commisurato al loro reddito.

Hanno occupato due alloggi lasciati da anni vuoti a favore della speculazione.

Lo hanno fatto per vivere, perché dormendo in auto o in catapecchie cadenti non si vive, al massimo si sopravvive.

La mancata risposta alle naturali esigenze sociali e umane farà sì che sempre più spesso le persone, per un normalissimo istinto di vita si riprendano ciò che spetta loro.

Noi saremo al loro fianco

Parma è una città troppo spesso ritenuta erroneamente un modello esemplare di welfare: per quel che riguarda le politiche abitative si sono seguiti nel tempo annunci eclatanti di interventi che vengono esaltati come risolutivi dell’emergenza (Parmabitare, Casadesso, Social House ecc).

Niente di meno vero.

Il problema casa dilaga e solo la mobilitazione costante potrà riaffermare il diritto all’abitare.

CASA REDDITO E DIGNITA’ PER TUTTI.

RETE DIRITTI IN CASA PARMA

25 Novembre_Regione Lazio: CHIEDIAMO DIRITTI CI DANNO POLIZIA

25novembre 2010

(parma) Housing sociale

HOUSING SOCIALE A PARMA

INTRODUZIONE:

A Parma l’Housing Sociale sta riscontrando un generale consenso tra le parti politiche istituzionali ed è accompagnato da una campagna mediatica fuorviante. Il primo intervento nazionale di Housing Sociale che si sviluppa proprio a Parma viene presentato come salvifico a fronte di una situazione di emergenza abitativa continua e in costante aggravamento. È necessario invece fare una attenta analisi critica dell’Housing Sociale innanzitutto perché questo tipo di progetti sta intercettando tutti i contributi pubblici in materia di edilizia residenziale, sostituendo in modo completo quello che è sempre stato lo strumento principe dell’intervento pubblico nella materia, cioè la casa popolare.

Nella fase economica attuale e di medio-lungo periodo un numero sempre più alto di persone rischia di non poter accedere a uno dei diritti primari fondamentali, quello dell’abitare. Questa fase è infatti caratterizzata dall’estendersi di situazioni di disagio economico per ampie fasce della popolazione, dal precariato diffuso, dai licenziamenti, dalla cassa integrazione, con un mercato degli alloggi che difende gli interessi dei detentori di rendite grazie alla liberalizzazione dei costi dell’abitare, con un numero di sfratti in crescita esponenziale e quasi sempre per morosità. Logica vorrebbe che si estendessero le capacità di protezione sociale per i lavoratori e per le nuove figure sociali che, se lasciate in balia del mercato, non trovano alcuna risposta alle loro esigenze di un alloggio. Il sistema di Welfare della Regione Emilia Romagna non regge l’urto della crisi, si rischia l’esclusione sociale per le ca tegorie deboli. Invece gli interventi in materia di politiche abitative, in Emilia Romagna, a Parma come altrove in Italia, si sono concentrati esclusivamente su progetti che possono offrire risposta ai bisogni abitativi di fasce della popolazione a livello economico intermedio (di solito si fa testualmente riferimento a coloro che non hanno i requisiti per accedere alle case popolari).

I vari progetti Parmabitare, Affitti Garantiti, Casadesso cui ora si aggiunge il Social Housing, hanno costituito negli ultimi 10 anni il surrogato dei veri e propri alloggi ERP e se i relativi bandi hanno raccolto delle domande (comunque in numero molto inferiore ai bandi per le case popolari) ciò è stato perché ormai chi è in stato di necessità fa tutte le domande possibili immaginabili, per poi dover rinunciare all’assegnazione perché gli affitti richiesti sono proibitivi anche se inferiori a quelli di mercato (300/450 euro al mese più le spese).

Parallelamente si è assistito dal 2005 in avanti a un processo di vendita a privati delle case popolari (almeno 60 alloggi persi dal patrimonio pubblico oltre alla vendita di quasi tutte le altre proprietà immobiliari non utilizzate di proprietà comunale) i cui introiti non sono stati reinvestiti per costruire nemmeno un nuovo alloggio di edilizia sovvenzionata nonostante le tante dichiarazioni in merito.

Come vedremo la parte più consistente dell’intervento di Housing Sociale è quello degli alloggi destinati alla vendita a prezzo più contenuto rispetto al mercato (edilizia convenzionata). Anche qui niente di nuovo sotto il sole perché di questo tipo di alloggi a Parma ne sono state già costruite diverse centinaia, altre sono in fase di ultimazione (ad esempio zona sud tra via Spezia e Via Traversetolo).

Anche questo tipo di edilizia non risponde certo alle esigenze di chi si trova in difficoltà economica ed affolla le liste d’attesa per l’assegnazione di case popolari.

Questi progetti di cosiddetta edilizia sociale servono in realtà principalmente a sostenere le sorti del settore edile, cui l’amministrazione locale è molto sensibile. Settore che dopo anni di allegra speculazione sta ora segnando il passo in conseguenza della crisi e va mendicando ovunque interventi pubblici per sostenere la costruzione di alloggi a prezzi più contenuti rispetto ai prezzi stratosferici del passato e che vantano maggiori possibilità di vendita. Tutto ciò risponde alla strategia fallimentare di tentativo di uscita dalla crisi col rilancio del settore del mattone che sta caratterizzando la politica economica del governo Berlusconi.

Ci sono dei dati che gli amministratori continuano ad ignorare e che sono fondamentali. è rilevante che tra le 1658 richieste di assegnazione di Case Popolari riscontrate nell’ultimo bando del 2008 il 48 % (796 famiglie) abbiano un ISEE inferiore a 4.500 Euro e il 16% (265 famiglie) abbiano un ISEE inferiore a 8100 Euro. Con questi redditi non si trova sollievo con nessuna delle offerte di alloggio “sociale” prodotto dall’amministrazione locale negli ultimi 10 anni.

Negli anni che corrispondono a grandi linee dall’inizio delle amministrazioni Ubaldi in avanti si è assistito a un progetto di ridefinizione della città che ha fatto dell’espansione urbanistica continua la sua principale linea di condotta, per: attrarre dall’esterno (dalla montagna per esempio o dal sud Italia o dalle città vicine) nuovi abitanti in un’ottica di competizione globale con gli altri territori, con una grande offerta di alloggi privati ad alto costo (in quantità veramente abnorme per città di questa dimensione) e con un certo numero di alloggi di edilizia convenzionata per lavoratori che se la possono comunque permettere (1800/2100 Euro al mq), una massa di nuovi clienti per i tanti centri commerciali che stanno sorgendo come funghi in ogni angolo di città. Per chi è in situazione di difficoltà economica la mancanza di un sostegno reale per l’accesso all’abitazione (c ome il blocco alla costruzione di case popolari) può essere visto come un incentivo all’andarsene (si veda in questo senso anche l’invito spesso rivolto alle donne migranti e ai loro figli che si rivolgono ai servizi sociali nei momenti di difficoltà) o a vivere in condizioni di degrado (vedi il caso dei tanti lavoratori senza famiglia che vivono in alloggi sovraffollati o in veri e propri tuguri) sgravando tra l’altro le casse comunali da costi che sono considerati fastidiosi. Ecco poste le basi per la città borghese, ordinata e supercontrollata tanto gradita agli imprenditori locali e ai loro supporters nelle istituzioni.

PARMA SOCIAL HOUSE

Descrizione intervento

Il progetto di Housing sociale nella sua prima fase di attuazione prevede l’edificazione di 852 alloggi in totale entro il 2012 su una superficie lorda utile di 63.000 mq. Altri 1100 alloggi saranno edificati su un’area di 65000 mq prevista dal psc la cui attuazione avverrà nei prossimi anni.

Queste nuove costruzioni sfruttano la possibilità di aumentare la capacità edificatoria prevista dalla legge 244/2007 (finanziaria 2008) andando in deroga a quanto previsto dal PSC in aree destinate ad attività sociali e commerciali offrendo su un piatto d’argento alle imprese che si aggiudicano il bando la possibilità di erigere ad aumentare ulteriormente l’edificabile con notevoli incentivi pubblici il che, in un periodo di crisi del settore, sembra essere la vera finalità del progetto.

Con il pretesto della finalità sociale (tutta da dimostrare) si aggirano i vincoli urbanistici andando a incrinare ulteriormente gli equilibri ambientali ed ecologici di un territorio già massacrato.

Il tutto avverrà in 7 aree di trasformazione urbana del comune di Parma (1^fase) (Crocetta 144 alloggi, Via Chiavari 280 alloggi, Via Sant’Eurosia 289 alloggi, Area Rossi & Catelli 98 alloggi, Via Spezia 20 alloggi, Via Budellungo 9 alloggi, Pannocchia 12 alloggi) contribuendo ulteriormente alla sottrazione di aree verdi e agricole e prendendo in considerazione solo nel caso dell’Area ex Rossi & Catelli la possibilità di convertire ad uso abitativo qualcuna delle tante aree dismesse della città. Completamente ignorata la possibilità, pure prevista dal comma 10 dell’art. 11 del DL 112/2008, di utilizzare ad esempio le aree militari cittadine dismesse. Occorre qui ricordare che un recente rapporto di Legambiente rileva che Parma risulta essere la terza città in Italia (dopo Roma e Venezia) per suolo agricolo consumato a vantaggio della speculazione immobiliare, circa un km quadrato all’anno.

Il costo di costruzione totale per la prima fase è di 105 milioni di Euro.

TIPOLOGIE DI ALLOGGI OFFERTI

1) Il 30% degli alloggi (265) sarà affittato a canone concordato ridotto del 30%;(costo presunto tra

300 e 400 euro al mese più le spese)

2) Il 20% degli alloggi (182) sarà affittato a canone convenzionato pari al 4,5% del prezzo previsto

per la cessione della piena proprietà, con previsione di riscatto dell’alloggio all’ottavo anno

(Edilizia Convenzionata in locazione a canone convenzionato), costo indicativo Euro 600 al mese

circa più spese per alloggi di 80mq.

3) Il 50% circa degli alloggi (405) sarà venduto come edilizia convenzionata a 1850 Euro al MQ.

Due sono gli aspetti che balzano subito all’occhio: il 70% degli alloggi di questa prima tranche del progetto pur godendo di un cospicuo finanziamento pubblico sono costituiti da edilizia convenzionata, che da anni il privato realizza da anni senza i finanziamenti pubblici che sotto descriveremo. Dove sta in questo caso l’interesse pubblico?

Come si può vedere il livello dei costi per locazione e vendita, sebbene più bassi rispetto al mercato (eccetto la seconda tipologia) non rispondono alle esigenze di gran parte di coloro che hanno presentato domanda per le case popolari cioè per le fasce della popolazione in difficoltà economica.

Altri aspetti del progetto meritano un minimo di approfondimento: lo “Schema tipo di Convenzione disciplinante gli interventi di Edilizia Residenziale Sociale” approvato dal Consiglio Comunale con delibera n° 96 del 12.10.2010 fissa i criteri preferenziali per la definizione delle graduatorie, che devono dare la precedenza alle giovani coppie, ai nuclei con anziano di età superiore ai 70 anni o con persona che presenta invalidità superiore al 67% o composti da nuclei famigliari di almeno 4 persone e nuclei monogenitoriali.

Il Comune di Parma ha ottenuto in sede di definizione della convenzione che una quota del 25% degli alloggi in locazione (cioè circa 66) “siano assegnati a coloro che risultano già assegnatari di alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica e sociale e in subordine ad altre categorie in base alle esigenze della collettività”.

Quindi solo una piccola quota delle nuove costruzioni in locazione potrà seguire dei percorsi di assegnazione definiti secondo le priorità che saranno successivamente definite nello specifico dal Comune.

Un altro 10% delle assegnazioni degli alloggi in locazione saranno a disposizione dei soci delle cooperative edilizie facenti parte dell’ATI

Un altro 10% sarà riservato a famiglie che possiedano ulteriori requisiti indicati dagli investitori.

Per le altre assegnazioni esiste il criterio di ordinazione secondo il criterio del reddito più basso ma questo principio viene contraddetto da un altro criterio che prevede che i nuclei famigliari con ISEE inferiore a 25.000 euro non eccedano il 66% del totale a fronte di nuclei famigliari con ISEE superiore ai 25000 Euro che non devono eccedere il 34% del totale degli alloggi assegnabili.

Si ricorda qui che il valore ISEE è calcolato dividendo la somma dei redditi del nucleo per un quoziente tanto più alto quanto più alto è il numero dei componenti della famiglia e che pertanto un ISEE superiore a 25.000 Euro corrisponde a una somma di redditi ben consistente. (vedasi per confronto i livelli ISEE rilevati per domande case popolari sopra indicati).

Ma la norma contenuta nello stesso schema di convenzione che ci conferma che ad essere tutelata è in primo luogo la redditività dell’investimento è quella contenuta nell’art.13 comma 2 che riportiamo per intero di seguito:

E’ facoltà del soggetto attuatore, per tramite del Gestore Sociale, non procedere all’assegnazione dell’alloggio al nucleo familiare che fruisca di un reddito netto pari o inferiore a 3,75 (tre virgola settantacinque) volte la somma del canone di locazione oltre Iva e imposta di registro; il limite di reddito dovrà essere dimostrato con riferimento all’ultimo anno, per i redditi derivanti da rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ed agli ultimi tre anni, per i redditi derivanti da rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato o da lavoro autonomo.

Come si può vedere la logica imprenditoriale insita in questo tipo di interventi ne limita sul nascere il valore sociale perché in questo modo si crea la possibilità di escludere i nuclei monoreddito.

COSTRUTTORI E GESTORI

Le imprese di costruzione, già selezionate mediante bando sono una ATI (Associazione Temporanea di Imprese) costituita da Buia Nereo srl, Cooperativa di produzione e Lavoro Bruno Buozzi scrl, CME Consorzio Imprenditori Edili Soc.Coop, La Nuova Speranza scrl, Parma 80 s.c., Cooperativa Edile Artigiana s.c., Cooperativa Case Popolari scrl, Cooperativa Residence scrl.

L’Ente Gestore che curerà tra l’altro le assegnazioni: Cooperativa Edilizia Case Popolari scrl, La Nuova Speranza scrl, Parma 80 s.c.

Tra gli incentivi che hanno reso particolarmente appetibile il progetto: la cessione di aree da parte del Comune di Parma in diritto di superficie per 99 anni, l’esenzione dal pagamento del contributo costruzione (art.27 LR 31/2002) tenuto conto dell’interesse pubblico e l’abbattimento dell’aliquota ICI.

FINANZIAMENTI:

Come anticipato nell’introduzione, il Social Housing è l’unico intervento in materia di politiche abitative messo in atto con determinazione dallo stato e sta soppiantando totalmente la classica edilizia residenziale pubblica (case popolari).

Il Piano Nazionale di edilizia abitativa del Governo Berlusconi approvato col Decreto Legge112/2008 prevede un sistema integrato di fondi immobiliari (SIF) pubblici e privati per l’avvio dei progetti social housing. Nell’ambito di questo sistema integrato il fondo nazionale (gestito da SGR, Società Gestione del Risparmio della Cassa Depositi e Prestiti) dovrà investire in fondi immobiliari locali attraverso partecipazioni nel limite del 40%.

Parma risulta essere la prima città in Italia ad aver sviluppato la progettazione per il social housing (altri progetti sono in preparazione a Torino, Monza, Roma e nel Veneto).

Nel frattempo è stato costituito il fondo immobiliare locale, Fondo Polaris Parma Social House (Fondo Comune di investimento immobiliare chiuso) del quale sono state sottoscritte le seguenti quote:

-25 milioni di Euro dalla SGR Cassa Depositi e Prestiti (ex Stato ora SPA)

-10 milioni di Euro dalla Fondazione Cariparma

– La Legacoop, in considerazione del fatto che al progetto lavorano 3 cooperative associate, ha aderito tramite il proprio fondo Coopfond al fondo locale mediante la sottoscrizione di quote per 1,5 milioni di Euro.

-15 milioni di Euro che dovrebbero essere stanziati dal Comune di Parma tramite la Holding partecipata interamente dal Comune Stt spa. Questo conferimento merita più di una osservazione in quanto la situazione finanziaria di questa holding è disastrosa. Stando alle dichiarazioni dell’Agenzia di rating Standard & Poor’s sarebbe già indebitata per 172 milioni di Euro a fronte di ipoteche sul patrimonio immobiliare del Comune, appositamente sopravvalutato, che lo rendono indisponibile per qualsiasi intervento di recupero e uso comune.

STT si appresterebbe ad effettuare emissione di Bond sul mercato americano per trovare i fondi necessari al finanziamento delle due opere che l’attuale amministrazione comunale pone al centro della sua strategia di sviluppo cioè il Welfare Community Center e proprio i Parma Social House.

Quindi il meccanismo che si sta mettendo in moto è che per sottoscrivere le quote del fondo immobiliare per il Social Housing STT emette ulteriori titoli indebitandosi ulteriormente.

Infine la Regione Emilia Romagna ha stanziato un contributo a fondo perduto di 3.061.771,13 euro per la realizzazione del primo stralcio, che sarà localizzato nell’area Ex Rossi e Catelli.

VALUTAZIONI FINALI SUL PARMA SOCIAL HOUSE

Durante un recente incontro pubblico organizzato dalla Rete Diritti in Casa e dalla SRU (Società di Riappropriazione Urbana), il professor Giovanni Caudo dell’Università Roma Tre aveva relazionato rispetto a quelle che dovrebbero essere i criteri di sostenibilità per i progetti di Housing Sociale al fine di renderli utili socialmente e non funzionali solo ai costruttori.

Le quattro sostenibilità, Territoriale, Sociale, Gestionale ed Economica non trovano alcun riscontro nel Parma Social Housing rispettivamente per consumo di suolo, target sociale sbagliato, scarso controllo pubblico nella gestione (oltre a scarsa partecipazione dell’utenza e loro associazioni), costo economico elevato per la tipologia di alloggi proposti.

Inoltre, a conferma della tesi che sostiene che questo tipo di interventi sono fatti a sostegno dei costruttori e per un folle piano di rilancio dell’economia trainato dall’edilizia facciamo notare che le condizioni per i costruttori sono favorevolissime. Come sopra specificato i terreni sono ceduti dal Comune in diritto di superficie per 99 anni e questo rappresenta un risparmio notevole di costi per le imprese costruttrici che godono per giunta, oltre ad agevolazioni fiscali, anche di una copertura finanziaria a tasso agevolato per circa il 50% del costo complessivo dell’intervento e dulcis in fundo il contributo a fondo perduto di oltre tre milioni di Euro della Regione Emilia Romagna per far partire il primo stralcio.

L’obiettivo è ridurre al minimo il rischio d’impresa, il tutto a fronte di un’utilità sociale estremamente debole (solo 265 alloggi a canone sostenibile su un totale di 852 possono essere fruiti da utenti di livello economico intermedio) escludendo per l’ennesima volta le fasce più deboli della popolazione e coloro che sono colpiti in modo più severo dalla crisi economica.

Il nostro no a questo tipo di intervento è netto e la lotta per l’affermazione del diritto all’abitare continuerà a Parma in tutte le sue forme indipendentemente dalle dichiarazioni esaltate dei sostenitori dell’housing sociale.

Le responsabilità dell’amministrazione locale è grave perché Parma ha goduto dalle amministrazioni Ubaldi in avanti di un atteggiamento particolarmente benevolo dal governo centrale per quel che riguarda finanziamenti e contributi. Dall’insediamento dell’Authority Alimentare in poi a Parma sono fioccati un bel po’ di decine di milioni di Euro, orientati tutti verso progetti la cui utilità è stata smascherata da mobilitazioni importanti (vedi metro). Se il Comune di Parma avesse avuto veramente a cuore le sorti dell’emergenza abitativa avrebbe dovuto usare diversamente contatti e amicizie nel governo di centro destra.

E L’EDILIZIA POPOLARE?

Qualche politico in perfetta malafede, l’ultimo è stato Libè, continua ad affermare che l’intervento di Social Housing risolverà l’emergenza abitativa anche se dovrebbe essere chiaro a tutti che le finalità dell’intervento e il target sociale sono altri.

Il Comune di Parma, probabilmente sollecitato dalla forte (per una città come Parma) mobilitazione sociale sul tema abitativo ha proposto anche un intervento in materia di ERP classica, cioè le case popolari

Come da tempo denunciamo, dal 1998 in avanti (dalla prima amministrazione Ubaldi fino ai giorni nostri) non sono state costruite a Parma nuove case popolari. Gli unici nuovi edifici di edilizia sovvenzionata cioè 6 alloggi in piazzale Sicilia e 28 alloggi in Via Lazio, inaugurati dall’Amministrazione Vignali, sono frutti di progetti elaborati e finanziati prima dell’avvento di Ubaldi e portati a compimento con vergognosa lentezza.

L’unico ulteriore provvedimento intrapreso in materia di case popolari è stata la vendita di circa 60 alloggi, vendita iniziata nel 2006 e che non ha portato finora a nessun reinvestimento.

Il saldo, per il patrimonio immobiliare comunale a canone sociale è quindi pesantemente negativo, a fronte di un aumento della domanda notevole (nel 1999 le domande erano state 965,nel 2006 sono arrivate a 1200, nel 2008 si è saliti a 1659).

Il fatto che oggi l’assessorato alla casa e politiche abitative annunci con la solita enfasi che il patrimonio comunale si arricchirà di oltre 150 nuove case popolari da realizzarsi nel periodo settembre 2010/settembre 2012, merita a nostra avviso una analisi più approfondita:

Innanzitutto questa promessa deve essere letta nel contesto della generale immobilità in materia riscontrata nei 12 anni precedenti di amministrazione di centro destra, immobilità aggravata dalla vendita ai privati di decine di appartamenti

Bisogna prendere queste dichiarazioni con le molle perché non siamo nuovi a annunci entusiastici di interventi che non si sono poi fatti o che si sono poi ridimensionati (Bigliardi era specialista in materia di dichiarazioni altisonanti e ripetute poi smentite nel tempo dai fatti)

E’necessario leggere tra le righe delle dichiarazioni per capire in cosa consiste l’intervento.

In merito al punto 3) in dettaglio gli alloggi previsti dal piano straordinario saranno i seguenti:

16 alloggi da acquistare tramite Acer sul mercato dell’usato ex pubblico e sul mercato delle privatizzazioni di enti pubblici;

22 alloggi ancora in costruzione di Parmabitare località Vicomero che passano da canone concordato a canone erp

12 alloggi Acer che vengono messi a disposizione per la locazione

9 alloggi da mettere a disposizione siti in Via Guastalla

15 alloggi da mettere a disposizione tramite acquisto di Acer sul mercato privato o provenienti da progetti ministeri di edilizia agevolata-convenzionata e non utilizzati per i fini originari

24 alloggi di nuova edificazione messi a disposizione da Acer in Via Fleming.

TOTALE 98 alloggi che si aggiungono all’esistente per le assegnazioni.

Altri 56 alloggi (20 in via Olivieri n° 6-8 e 36 alloggi ripristinati in varie parti della città) facevano già parte del patrimonio pubblico ed erano solo da tanto tempo in attesa di ristrutturazione, tra l’altro già più volte annunciata in passato con il solito clamore.

Nel complesso si tratta di un intervento positivo, che mette a disposizione qualche alloggio aggiuntivo per le centinaia e centinaia di persone che vedono negli alloggi a canone erp l’unica possibilità di accedere al diritto all’abitare. Se valutato però nel contesto complessivo, se consideriamo che nel frattempo di alloggi popolari ne sono stati venduti 60 e quindi il saldo netto è di + 38 alloggi in 12 anni di immobilismo in questo settore la valutazione per l’operato del Comune di Parma nel campo dell’edilizia popolare è pesantemente negativa

Parma, novembre 2010

RETE DIRITTI IN CASA PARMA

[PISA] Venerdì 3 dicembre – L’autorecupero: un’alternativa alla speculazione edilizia

guarda la locandina

Il problema della casa si sta manifestando in tutta la sua drammaticità all’interno della cirsi economica. L’aumento degli sfratti e la sempre minor disponibilità di case popolari ci devono far necessariamente far riflettere sul bisogno di sperimentare nuovi percorsi e nuove possibilità.
Nella Regione Lazio è attiva dal 1998 una legge che riconosce e regolamenta la pratica dell’autorecupero ad uso sociale e abitativo di spazi abbandonati; attraverso questa pratica il Coordinamento cittadino per il diritto alla casa è riuscito negli anni ad avviare il recupero di molteplici edifici precedentemente occupati, mettendo in campo valide alternative alla logica della cementificazione e della speculazione edilizia, alternative basate sull’autorganizzazione,  sul risparmio energetico e sulla sicurezza. Continue reading “[PISA] Venerdì 3 dicembre – L’autorecupero: un’alternativa alla speculazione edilizia”

LETTERA APERTA AGLI STATI GENERALI DELLE COSTRUZIONI

Il futuro si costruisce insieme?

Da giorni nella nostra città e forse nel resto d’Italia campeggiano vistosi cartelloni che pubblicizzano la manifestazione nazionale a Roma del 1° dicembre di Ance, sindacati confederali degli edili, artigiani, cooperative, Assoimmobiliare, Federcostruzioni e Confindustria. Anche le testate nazionali a grande tiratura si sono riempite di manchette che pubblicizzano l’evento. Probabilmente molti soldi sono stati spesi e appare davvero un grande sforzo l’operazione messa in campo. Accattivante la proposta e affascinante l’immaginario che vorrebbe unire disagi tanto diversi, la necessità del lavoro con l’interesse degli imprenditori. La forzatura è tale che molte penne anche illustri ne stanno parlando.

Con queste righe vorremmo ragionare su un aspetto che dentro la mobilitazione scompare. La sofferenza nazionale derivante dall’emergenza abitativa e il rischio che si continui a consumare suolo, pensando che l’unica strada per uscire dalla crisi siano il mattone e il cemento. Quindi potrebbe andare bene tutto: grandi infrastrutture, eventi, opere e piani, basta che si esca dalla crisi e che si torni a fare profitti e rimettere in moto economie giudicate incapaci di produrre lavoro, attivare consumi, sostenere le imprese. E le banche diciamo noi.

Potrebbe apparire paradossale che proprio noi, che facciamo del diritto alla casa la nostra bandiera, dobbiamo mettere in guardia il paese. Potremmo essere interessati a costruire alloggi sull’agro romano, nei parchi, nei siti archeologici. Basta che arrivi un tetto per chi non ce l’ha. Eppure da tempo stiamo affermando un’altra cosa. Che è possibile fornire risposte usando ciò che esiste. Recuperando manufatti e aree dismesse appartenenti ad un’altra era, quella industriale. Trasformando le città partendo dalle necessità di che le abita e non da logiche parziali e pericolose, capaci di dare risposte immediate al settore edilizio ma pericolosamente devastanti per i territori. Le leggi regionali denominate “piani casa” si muovono in questa direzione. Del resto questa nuova valanga di cemento privato potrebbe anche seppellire definitivamente le aspettative ed i diritti, allargando ancora la bolla immobiliare ed i prezzi delle case, devastando i nostri territori, realizzando cantieri di sfruttamento e di morte.

È sconcertante che alcuni degli attori in campo non abbiano ragionato in questo senso e non colgano la necessità di un’inversione di rotta sul modo di produrre e di “costruire” il futuro. Occorre muoversi prima che sia troppo tardi e che i suoli vengano letteralmente strappati dalla sfera dei beni comuni e divengano nuova linfa per la rendita, occorre viaggiare veloci, remando però nella direzione opposta.

Questo paese per ripartire necessita di risorse pubbliche da orientare sul recupero urbano, sulla tutela del verde, dei servizi, della mobilità. Il sacrificio che i territori dovranno sopportare, se l’unico motore della ripresa diventa il cemento, sarà grande. Se per ripartire bisogna puntare sul circuito della Formula Uno a Roma, sul Tav, sul corridoio tirrenico, sul Ponte sullo Stretto, sull’Expo di Milano, sull’ampliamento smisurato dei premi di cubatura per chi abbatte e ricostruisce anche patrimonio pubblico come le caserme, non possiamo non essere preoccupati.

Nessuna luccicante vetrina cittadina fatta di grandi eventi potrà distoglierci dalla convinzione che dobbiamo puntare a un consumo di suolo pari a zero, a una sovranità sociale sui territori, a un censimento e al recupero di aree ed edifici non utilizzati anche privati, senza che per farlo si debbano subire compensazioni e sanatorie continue.

Se c’è la crisi, e la crisi c’è, le amministrazioni non possono essere ostaggio di possibili monetizzazioni dell’uso delle aree pubbliche o facilitare a dismisura le procedure edilizie in cambio di contributi straordinari. Il timone ci sembra ancora saldamente nelle mani di chi ha creato le condizioni di profonda crisi in cui ci troviamo, dove diritti e interessi sociali scompaiono, mentre avanzano alleanze che rischiano di rafforzare la rendita e i profitti legati alla speculazione edilizia. Chi evoca, manifestando congiuntamente ai costruttori, un nuovo “patto sociale” rischia di divenire complice di ciò che sta per avvenire collaborando alla sopravvivenza dei profitti di pochi ed allo stesso tempo alla caduta libera dei redditi, delle garanzie e dei diritti di tutti.

Chiediamo che insieme a noi si mobilitino tutte le coscienze e le forze che ancora non si vogliono arrendere al governo del mattone e della rendita, che ancora guardano ad un vero cambio di rotta.

Roma, 30 novembre 2010

Movimenti per il diritto all’abitare

video e manifesto 11 dicembre Bologna

4 DICEMBRE MOBILITIAMOCI PER L’ACQUA PUBBLICA

Il 24 novembre, in occasione del consiglio comunale straordinario su Acea i cittadini presenti hanno ricevuto un’ennesima prova dell’ottusità dell’amministrazione capitolina.

In un consiglio comunale poco meno che blindato, al quale i cittadini sono stati ammessi con il contagocce dopo estenuanti trattative, solo dopo quattro ore di attesa è stato possibile incontrare uno dei capigruppo della maggioranza, come era stato richiesto ufficialmente da giorni. Dalla delegazione del coordinamento romano acqua pubblica presente è stata avanzata all’On. Gramazio, capogruppo Pdl, la richiesta di votare a favore della mozione 5, presentata da tutta l’opposizione, contenente il sostegno alla richiesta di moratoria sul decreto Ronchi e sul provvedimento di abolizione degli Aato, e il rispetto della volontà di oltre 1.400.000 di cittadini che chiedono di dire la loro sulla gestione del servizio idrico, esprimendosi attraverso il voto referendario entro il 2011. Un atto in difesa della democrazia quindi, ancor prima che in difesa del diritto all’acqua. La democrazia non è evidentemente una priorità per la maggioranza che sede in Aula Giulio Cesare, che ha votato contro questa semplice richiesta, sostenendo di fidarsi di più “dell’azione” che il Sindaco Alemanno sta intraprendendo nei confronti del governo in merito al Decreto Ronchi. Il coordinamento romano acqua pubblica ha quindi richiesto un incontro con il Sindaco, che possa svelare in cosa consista questa “azione” e in che modo si discosti dalla richiesta di rispetto della democrazia bocciata ieri in Consiglio Comunale.

La pressione esercitata dal movimento per l’acqua pubblica in questi ultimi mesi deve comunque aver sortito un qualche effetto, se il Sindaco Alemanno ha operato una vera e propria retromarcia rispetto all’intenzione, più volte annunciata, di procedere alla vendita di parte delle quote pubbliche di Acea anticipando le scadenze del decreto Ronchi. Il Sindaco ha infatti dichiarato, in apertura del Consiglio, che il Comune di Roma non si affretterà a vendere per “fare cassa” e che non ci sarà nessuna fuga in avanti rispetto alle scadenze previste.

Al movimento per l’acqua non bastano queste dichiarazioni, come non bastano ai lavoratori Acea le rassicurazioni sulla “salvaguardia integrale” dei posti di lavoro; il nostro percorso ha un’orizzonte diverso: l’uscita dei privati e della loro sete di profitto dalla gestione del servizio idrico. La partita è aperta: c’è un referendum in campo che aspetta di essere vinto.

CRAP – Coordinamento Romano Acqua Pubblica

Via di S. Ambrogio n.4 – 00186 Roma

Tel. 06/97615507; Tel./Fax. 06/68136225 Lun.-Ven. 10:00-19:00

e-mail: segreteria-centro@acquabenecomune.org
Sito web:
www.acquabenecomune.org

I MOVIMENTI UNITI CONTRO LA CRISI ASSEDIANO LA REGIONE LAZIO


Oltre 10000 partecipanti alla manifestazione contro le politiche della Regione. I “Movimenti Uniti Contro al Crisi” in corteo per la tutela del territorio, della sanità pubblica e per il reddito minino garantito.

Dopo oltre 5 ore di occupazione i 18 manifestanti dei “Movimenti Uniti Contro La Crisi”, barricati nella sala Liri della giunta Regionale del Lazio, sono stati sgomberati coattamente dalle forze dell’ordine. Nell’operazione uno dei manifestanti colto da un malore è stato trasportato in ospedale. Contro i silenzi dalle autorità politiche il sindacato preannuncia che la grande mobilitazione di oggi sarà solo l’inizio di un lungo confronto “a muso duro” con la Regione.

L’occupazione è stata decisa nel primo pomeriggio al termine dell’incontro, del tutto interlocutorio e senza implicazioni politiche,  tra una folta delegazione di tutti i movimenti e il capo gabinetto del governatore Polverini, dott. Pietro Giovanni Zoroddu e i Direttori Generali dei Dipartimenti interessati dalle richieste rivendicate dalla manifestazione: oltre 10000 persone tra lavoratori precari, disoccupati, senza casa, comitati per il reddito, movimenti per i diritti sociali e l’ambiente e sindacati di base si erano ritrovati alla metro San Paolo per sfilare in corteo fino sotto gli ufficio della Regione Lazio di via Cristoforo Colombo a Roma.

Non avendo ottenuto nessuna risposta dalle autorità politiche si preannuncia che la grande mobilitazione di oggi sarà solo l’inizio di un lungo confronto “a muso duro” con la Regione “che si dimostra sorda ai reali problemi dei cittadini e dei lavoratori del Lazio”. Mentre gli occupanti vengono “accompagnati fuori, in strada di fronte al cordone di forze dell’ordine schierate a difesa dell’ingresso della Regione, centinaia di persone , tra cui molte donne, migranti e bambini gridano, nonostante il freddo e la pioggia, per rivendicare i propri diritti, tornando in un corteo improvvisato nuovamente alla Metro San Paolo.

25 NOVEMBRE_ASSEDIAMO LA REGIONE LAZIO

La crisi economica e sociale stringe in una strettissima morsa sempre più persone; l’impresa e il mercato proseguono la loro invasione privatizzando servizi e svendendo patrimoni pubblici, regalando i nostri territori allo sfruttamento e alla rendita, cancellando diritti dentro ed oltre gli abituali confini del lavoro, mettendo le nostre vite in produzione continua, rubandoci il presente e il futuro. Per chi aspetta da un giorno all’altro che bussi alla porta di casa un ufficiale giudiziario o vede la casa dell’ente venduta dopo anni di sacrifici; per chi perde, magari dopo aver dato tutto, il proprio posto di lavoro; per chi un lavoro vero non ce l’ha mai avuto perché a nero, a progetto, a tempo determinato, intermittente oppure appeso ad un filo perché appaltato insieme ad una ditta esterna; per chi al lavoro ci pensa ancora poco perché studente, ma già sa che qualcuno lo/la sta preparando ad una vita di stenti, ansia e precarietà; per i/le migranti precari fra i precari perché il diritto a rimanere sul “nostro” suolo è condizionato alle moderne forme di schiavitù; per chi è stanco di vedere il territorio distrutto e inquinato, la propria salute messa a rischio da una antenna, da una discarica o da un inceneritore perché c’è sempre qualcuno che vuole arricchirsi sulla nostra pelle; per tutti quelli che sono stanchi di fare mille acrobazie per arrivare alla fine del mese, di pagare affitti e bollette sempre troppo alti, di vedere poche tasche gonfiarsi mentre la propria vita si trasforma in una corsa ad ostacoli; è arrivato il momento di ribellarsi.

Per questo movimenti per il diritto all’abitare, realtà del sindacalismo di base e di lavoratori auto organizzati, comitati territoriali, collettivi di precari, movimenti contro le nocività stanno unendo le proprie forze per far sì che la crisi la paghi chi l’ha generata, per cambiare senza aspettare invano che qualcuno lo faccia per noi. I primi a dover fare i conti con questa novità saranno il sig. Alemanno e la sig.ra Polverini. Il sindaco degli spot sulla legalità e della polizia; dei convegni con le archistar e dei grandi annunci mentre la città resta paralizzata dal traffico e dall’immobilismo; del record di consulenti esterni strapagati e del Bilancio sparito per oltre 16 mesi; il sindaco del Gran Premio di Formula 1, del Protocollo che limita il diritto di manifestare, dei patrocini dati a convegni neofascisti, delle Olimpiadi, delle caserme e della città regalata ai privati e alla speculazione, record man del cemento oramai in pole position nella corsa alla speculazione; il grande sindaco della Roma Capitale dell’emergenza abitativa e della crisi.

La governatrice di un piano casa che cancella il significato stesso delle norme urbanistiche, che serve, e tanto, ai costruttori ma non a chi la casa non ce l’ha; del taglio agli ospedali e alla salute pubblica a favore di quella privata; del riordino e taglio dei plessi scolastici.

Potere col volto di donna che con il sorriso stampato in faccia attacca i consultori e il diritto delle donne ad autodeterminarsi e a decidere del proprio corpo e della propria vita; governatrice che non governa, che abbandona i lavoratori delle aziende che chiudono, i precari che aspettano i soldi della legge per il reddito minimo garantito; che lascia soli tutti settori sociali e i precari colpiti dalla crisi; ex sindacalista creata ad arte che come sempre sta dalla parte dei forti, contro i più deboli.

Presto disturberemo le vostre dorate vetrine, i vostri pranzi di gala a base di polenta e coda alla vaccinara. Daremo vita ad unità di crisi territoriali, costruiremo con forza e con cura a Roma e nel Lazio il percorso che ci porterà alla manifestazione regionale che indiciamo per Giovedì 25 Novembre.

Scriviamo a partire dai territori la nostra agenda indipendente,incontriamoci Venerdì 19 novembre alle ore 17.00 in un’assemblea pubblica, in via Volturno 37, per presentare la piattaforma della mobilitazione regionale, guardando ad una forte mobilitazione nazionale, scrutando oltre l’orizzonte la possibilità che la nostra indipendenza possa prefigurare e rappresentare l’idea costituente di una città, di una regione, di un mondo migliore rispetto a quello clientelare e capitalista che ci vogliono ancora una volta consegnare. Perché standosene da soli ed in silenzio nulla potrà mai cambiare.

Movimenti Uniti Contro la Crisi

Movimenti per il diritto all’abitare, Coordinamento di lotta per il reddito garantito, USB, Cobas Cooperative sociali, Generazione Precaria, Acrobax, Collettivo antagonista Primavalle, Collettivo Officina, Operatori sociali in lotta.

Aderiscono: Comitati Uniti del Lazio contro Nocività e Devastazioni



L’AQUILA CHIAMA ITALIA: 20 novembre manifestazione nazionale