CLANDESTINO DAY CONTRO IL PIANO NOMADI. ALLA RICERCA DEI BAMBINI PERDUTI

Oggi, 24 settembre 2010, in tutta Italia si tiene il Clandestino Day, una giornata in cui ognuno di noi si dichiara clandestino.

Noi, scuole, associazioni e movimenti, abbiamo deciso di scegliere questo luogo come simbolo delle politiche escludenti del Comune di Roma e del Governo Italiano.

Il centro d’”accoglienza” comunale di via Salaria 971 é un centro di emarginazione dove oggi circa 300 rom romeni vivono ammassati in condizioni inaccettabili, contrarie anche alla Leg. Reg. N.41/2003 che dovrebbe regolamentare strutture come questa destinate a servizi socio-assistenziali. La denuncia fatta in questi giorni dall’Associazione 21 luglio mette in luce le condizioni degradate e degradanti di questo spazio, evidenziando soprattutto l’assoluta carenza di scolarizzazione per i circa 170 minori che risiedono all’interno. Proprio molti di questi minori, infatti, sgomberati assieme alle loro famiglie nell’ambito delle operazioni del Piano Nomadi di Alemanno, hanno dovuto interrompere drasticamente il percorso scolastico intrapreso nel 2009/2010.

Oggi siamo qui alla ricerca di questi bimbi perduti e delle loro famiglie. Siamo qui per informare la cittadinanza romana che sulla via Salaria esiste un centro di emarginazione illegale,  per esprimere il nostro totale rifiuto al Piano Nomadi del Sindaco di Roma, per denunciare le politiche razziste di cui sono vittime i rom in Italia e in Europa. Siamo qui per dire che la politica dei campi nomadi é una politica fallimentare, esosa e razzista e per affermare che è possibile disegnare dal basso una città davvero meticcia, come sta accadendo a Metropoliz dove italiani, migranti e rom convivono lottando per gli stessi diritti.

No alla finta accoglienza del Comune di Roma, No al Piano Nomadi, Diritto all’abitare per tutte e tutti.

http://www.youtube.com/watch?v=g2sjt9IYzQw

Le immagini del centro di via Salaria girate dai rom

(Bologna) Assemblea sulla casa

la tregua sta per finire!
moratoria e intervento pubblico per abitare nella crisi

Assemblea sabato 2 ottobre, ore 10.00
presso la sala dell’ec consiglio regionale
in via silvani n.6 a Bologna

discutiamo di: caro affitti, dismissioni, insolvenze nei mutui, sfratti e sgomberi

sono stati invitati:

i deputati On. SERGIO PIFFARI e On. CARMEN MOTTA (presentatori nel mese di luglio delle due mozioni sulla moratoria in VIII Commissione alla Camera), l’assessore GIAN CARLO MUZZARELLI (in rappresentanza della Giunta Regionale dell’Emilia Romagna), l’On MARIO DI CARLO (consigliere regionale, ex-Assessore alla Casa della Regione Lazio), Dott.ssa MILENA NALDI (ex Assessore alla casa del Comune di Bologna), LIDIA TRIOSSI (Coordinatrice regionale dell’Associazione Inquilini e Assegnatari, ASIA-USB), rappresentanti dei comitati degli inquilini degli enti privatizzati e dei movimenti per il diritto alla casa

ASSOCIAZIONE INQUILINI E ASSEGNATARI (ASIA-USB)
via monterumici 36/10 Bologna tell: 051389524
bologna.asia@usb.it  http://asia.usb.it

ROMA, AFFARI BIPARTISAN VERSO LE OLIMPIADI 2020

I costruttori pronti a sedersi a tavola. Con il “placet” di Alemanno e Veltroni

Liberazione, 23 settembre 2010

Daniele Nalbone

Una colata di cemento minaccia la città eterna. Dopo l’approvazione del primo decreto su Roma Capitale, dopo l’elezione per la prima volta nella storia del costruttore Giancarlo Cremonesi alla presidenza della Camera di Commercio, dopo gli avvertimenti del presidente dell’Acer Eugenio Batelli (Associazione Costruttori Edili di Roma) nell’assemblea annuale dell’associazione svoltasi martedì scorso, ci si chiede: e ora cosa accadrà? Una domanda per la quale c’è un’unica risposta: l’Olimpiade di Roma 2020. E’ questa, infatti, la stella polare di una classe politica sempre più subalterna a quella del “mattone”.

Le prove? Basta leggere le dichiarazioni degli imprenditori e dei politici romani che si stanno susseguendo sugli organi di stampa “vicini” ai costruttori, dal Corriere della Sera fino a Il Messaggero. Il primo a dire la sua, in ordine di tempo, è stato Giancarlo Cremonesi: «Bisogna ripartire dal “modello Roma”» ha spiegato «da questa forma di collaborazione con le istituzioni, che non significa» ha avvertito «pressione indebita delle imprese sulla politica, ma neanche il suo contrario». Subito dopo, a prendere parola è stato il presidente dell’Unione Industria li di Roma, Aurelio Regina, attuale vertice del comitato per Roma 2020 in attesa della discesa in campo di Gianni Letta, che si è detto «molto soddisfatto» del fatto che «questa elezione abbia ribadito ancora una volta la centralità del mondo di Confindustria». Da queste prime dichiarazioni, in piena corsa verso Roma 2020, con l’obiettivo di Roma Capitale appena raggiunto, l’aria che si respira tra i palazzi del potere è quella di una “pax”, con il neopresidente della Camera di Commercio (nonché presidente di Acea, la multiutility dell’energia e dell’acqua) quale novello Augusto. E’ finita, infatti, l’era degli scontri tra imprenditori “veltroniani” e “alemanniani”. Ora c’è un unico, grande obiettivo da conseguire: «Riportare a Roma tutte le grandi manifestazioni sportive» come disse nel 2005, subito dopo la vittoria di Roma nella corsa ad ospitare i Mondiali di Nuoto del 2009 (terreno fertile per la “cricca”), l’allora sindaco Walter Veltroni. Se poi a consacrare il “modello Roma” inaugurato da Rutelli e continuato da Veltroni sarà Alemanno, poco importa.

Non c’è da stupirsi, quindi, che nella Roma di Alemanno a capo della Commissione speciale per Roma Capitale vi sia Francesco Smedile, ex presidente della Commissione consiliare urbanistica al tempo della Roma, e del Piano Regolatore, di Veltroni. Ma soprattutto non c’è da stupirsi se, al cospetto del sindaco Gianni Alemanno e della presidente del Lazio, Renata Polverini, il presidente dell’Acer Batelli abbia parlato di «occasione irripetibile» in riferimento a Roma 2020.

Una partita nella quale i costruttori sono pronti a fare la loro parte per l’interesse “pubblico”. A patto, però, di ricevere qualcosa in cambio. Alcuni esempi? «Utilizzare le risorse private» ha spiegato Batelli dalle pagine del Corsera di sabato 18 settembre e ribadito nell’assemblea di martedì «per finanziare le opere cittadine, perché soldi pubblici non ce ne sono più». Per far questo, al posto dei soldi che non ci sono, bisogna iniziare a prevedere forme di pagamento diverse: diritti edificatori. Eccola la moneta sonante con cui ripagare i costruttori per il loro impegno a favore dell’interesse “pubblico”: terreni, ma non solo.

Il capitale privato è ormai a disposizione del pubblico anche per quanto riguarda la manutenzione stradale, per fronteggiare l’emergenza parcheggi per la quale Alemanno ha poteri commissariali consacrati da ordinanze di Protezione Civile oppure, «nell’utilizzo degli immobili dismessi quali caserme e depositi». E ancora: oltre ai beni entrati in possesso delle amministrazioni con il federalismo demaniale (caserme e depositi di cui sopra) «si potrebbe prevedere applicazione similare» ha spiegato Batelli, cioè trasferimento al privato dopo aver ovviamente provveduto a cambiare destinazione d’uso al bene, «anche per gli istituti scolastici vetusti e che necessitano di interventi di ristrutturazione». Il tutto in cambio della realizzazione delle opere pubbliche come ferrovie ma soprattutto nuove autostrade e nuovi aeroporti inutili e devastanti dietro cui si nascondono esclusivamente interessi privati. Due esempi? La Roma-Latina «per la quale ci aspettiamo che la nuova amministrazione regionale passi dai progetti ai cantieri» e l’aeroporto di Viterbo. Opera, quest’ultima, che motiverebbe il raddoppio della ferrovia Roma-Viterbo. Una motivazione «inconcepibile» secondo i consiglieri regionali della Federazione della Sinistra Ivano Peduzzi e Fabio Nobile visto che «non ha alcun senso mettere in connessione la realizzazione delle due opere, una necessaria e l’altra inutile visto che l’aeroporto di Viterbo rischia non solo di azzerare la vocazione turistica e agricola del territorio ma avrebbe un impatto devastante sulla salute dei viterbesi». Tutto questo, ovviamente, nella Roma Capitale significa Olimpiadi del 2020. Altro che fiamma olimpica.

RIAPPROPRIARSI DEL REDDITO E DELL’ABITARE, A PISA NASCE IL PROGETTO PRENDOCASA

Da LotteLiberazione, 23 settembre 2010

Simone Sisti*

La nostra esperienza politica di Progetto Prendocasa nasce nell’autunno del 2007 come primo tentativo di coordinazione e sintesi tra le diverse lotte per il diritto all’abitare che a Pisa lungo il decennio 1997- 2006 si sono rese protagoniste.

La nostra rete di riappropriazione del reddito si colloca dentro un quadro politico di forte espropriazione del diritto alla casa: l’indebitamento pubblico dell’amministrazione comunale e la gestione privatistica del patrimonio pubblico abitativo, la gerarchizzazione all’accesso al reddito messa in campo dagli enti di assistenza sociale, il perpetuarsi di un dinamica economico-urbanistica di vetrinizzazione del centro cittadino legato esclusivamente alla valorizzazione immobiliare ed allo sfruttamento affittuario della grande “riserva” studentesca. Ma soprattutto, il Progetto nasce dalla spinta politica del protagonismo di parti di una composizione sociale che nella città si sono viste negare ogni spazio di vivibilità sociale che non fosse l’alienante adesione al modello disciplinante di precarizzazione dell’esistenza.

Precari della scuola, del mondo dei servizi e delle cooperative, lavoratori migranti dell’edilizia, badanti, colf, lavapiatti, ma anche precari in perenne formazione tra un centro di formazione socio-assistenziale, piuttosto che un master o una doppia laurea, sono le soggettività che hanno dato vita alle prime esperienze di occupazione abitativa tra il dicembre 2007 e la primavera 2009.E’ così che nasce lo sportello Prendocasa, in cui ad una assistenza legale di base sui diritti sociali si affiancano continuativamente, ogni venerdì pomeriggio, momenti di incontro, conoscenza ed attivazione da parte dei militanti del Progetto con decine e decine di storie diverse di famiglie sotto sfratto, lavoratori messi in cassa integrazione, studenti ma già precari per aver perso l’alloggio da borsisti.

Storie che vengono accolte in una dimensione reale di lotta e ricomposte in decine di esperienze di autorganizzazione: difese di sfratti, occupazione di municipi di paesi della provincia, incontri\scontri con gli amministratori.

Così il 1 maggio del 2009 viene occupato e finalmente recuperato dopo anni di abbandono da 7 nuclei uno stabile in via dell’Occhio, una delle poche vie limitrofe al centro cittadino rimaste popolari e resistenti ai vari processi di gentrificazione.

Famiglie migranti e di rifugiati politici con numerosi bambini al seguito, assieme a disoccupati e precari italiani, lanciano quello che è il progetto di autorecupero dello stabile, con tanto di utilizzo collettivo di un fondo come spazio destinato ad iniziative ludiche, pranzi popolari, e la sede definitiva dello sportello dei diritti.

Nel frattempo si inizia un difficile ma importante lavoro di quartiere volto principalmente ad allontanare lo spaccio d’eroina e a riqualificare le aree circostanti con differenti iniziative organizzate assieme a collettivi di studenti medi. La forte spinta propulsiva di questa esperienza concorre ad estendere legami e relazioni con tantissime altre situazioni di emergenza abitativa, la maggior parte delle quali trova soluzioni in vertenze anti-sfratto per morosità sostenute picchettando le abitazioni e confrontandosi con forze di polizia, assistenti sociali e ufficiali giudiziari.

La provvisorietà di alcune di queste situazioni crea l’esigenza per otto nuclei familiari di organizzare la riappropriazione del proprio diritto all’abitare con una nuova e più complessa occupazione: è così che emerge, grazie al lavoro di inchiesta territoriale, la grande rendita finanziaria privata sfitta. Il 13 marzo 2010 viene occupata dai nuclei una palazzina costruita da 9 anni e mai abitata, situata nell’immediata periferia pisana, nella frazione di Riglione, in via Marsala, di proprietà Pampana, il più grande immobiliarista cittadino.

Ma la risposta dei costruttori e degli amministratori non si fa attendere. Il 18 maggio, alle otto di mattina, decine di mezzi blindati bloccano la statale tosco-romagnola e più di centocinquanta celerini si schierano di fronte a via Marsala per sgomberarla. Le famiglie si barricano in casa, preparano la resistenza, salgono sui tetti, battono pentole e mestoli e decine e decine di persone, nel giro di due ore, formano cordoni che bloccano il tentativo di sgombero, in una scena surreale in cui la città rimane bloccata dal traffico per un intera mattinata aspettando la ritirate delle truppe di Pampana che non arriva.

Lo sgombero non riesce ma parte delle forze di polizia continua a presidiare (e lo farà per altri 6 giorni) lo stabile. In risposta si organizzano contestazioni al sindaco (spacciate dai giornali, nonostante i video dimostrino il contrario, come aggressioni), volantinaggi. alcune famiglie entrano in sciopero della fame: si amplia così il fronte della solidarietà alle famiglie.

Ma dopo una settimana dal primo tentativo di sgombero, questa volta alle prime luci dell’alba, avviene lo sfratto da via Marsala. Immediatamente si forma un picchetto di solidarietà che porta la protesta nel centro cittadino, con l’occupazione di una piazza del salotto buono della città in cui i nuclei di via Marsala montano tende e che nel giro di pocoqueste si vedranno aumentare fino a riempire tutto lo spazio di largo Ciro Menotti. Con lo sciopero della fame che prosegue, la tendopoli che dura quindici giorni in cui si raccolgono quasi tremila firme di solidarietà, si arriva al giorno in cui il sindaco prepara un nuovo sgombero, stavolta delle tende della solidarietà.

Davanti ad un’ulteriore resistenza, lo sgombero obbliga le istituzioni a fare ciò che per mesi hanno negato: instaurare una trattativa con gli occupanti che li porti ad avere una casa. Trattativa che si svolge sotto il segno della tensione per una città in cui il Pd, per non cedere agli interessi degli speculatori, è costretto a svelare il suo animo securitario, invitando il ministro leghista Maroni nella nostra città a cui chiedere di firmare un “patto per Pisa sicura” come protezione dalle contraddizioni sociali che stanno, da via Marsala in poi, esplodendo. Un sindaco e una giunta che mostrano il suo lato di destra, incapaci di cogliere le trasformazioni ed i movimenti sociali se non come pericoli che intaccano le loro articolazioni di casta e di potere.

Dopo due mesi di trattative, gli ex occupanti di via Marsala entrano in case con affitto minimo e proporzionato ai loro redditi, case i cui contratti sono intestati al Comune, a dimostrazione ancora una volta che solo la lotta paga! Adesso, dopo aver scoperchiato il tappo delle contraddizioni sociali e dell’emergenza abitativa in città, dopo essere riusciti ancora una volta a conquistare il diritto alla casa per altri nuclei, come Progetto Prendocasa stiamo strutturando percorsi di indagine sociale volti al potenziamento ed all’organizzazione di nuove lotte sul terreno del reddito ed in particolare su quello di una campagna contro gli sfratti e per l’autoriduzione degli affitti, per l’autorecupero delle strutture inutilizzate, che sappia intervenire politicamente sulle scelte dei governi e delle amministrazioni nella riappropriazione della spesa sociale contro l’utilizzo privatistico, speculativo e militare, come ci parla anche la recente dichiarazione di Filippeschi sulla creazione di una struttura ricettiva di mezzi per le forze speciali guerrafondaie che convergeranno nell’aeroporto di Pisa.

*Progetto Prendocasa

bloccati 2 sfratti a bologna

15 settembre Bologna

Oggi gli inquilini resistenti di Bologna sono riusciti a fermare due sfratti ottenendo due rinvii a novembre.

Le famiglie sotto sfratto, due nuclei di 5 persone ciascuna, monoreddito (in cassa-integrazione uno e precario l’altro), da un lato non riescono a pagare l’affitto dall’altro non riescono a ottenere una casa popolare.

L’emergenza sfratti è già stata più volte denunciata da ASIA-USB, mentre continua ad aumentare. Oggi diventa imprescindibile l’attuazione di una moratoria degli sfratti che investa tutto il territorio regionale. In assenza di un piano casa fondato sugli interessi pubblici e in una situazione occupazionale che vede percentuali di cassa integrazione e disoccupazione sempre più crescenti è necessario tutelare chi rischia di perdere la casa con un blocco degli sfratti generalizzato sia per morosità che per finita locazione. Fintanto che non si arriverà a questo blocco l’unica possibilità per gli inquilini sarà quella di esercitare forme di resistenza contro gli speculatori e contro la rendità.

ASIA-USB

e-mail: bologna.asia@usb.it

http://asia.usb.it/

http://bolognaprendecasa.noblogs.org/

Abitare nella Crisi a L’Aquila_ 18/19 settembre 2010

Il 18 e il 19 settembre si terrà a L’Aquila un nuovo incontro della rete “Abitare nella Crisi”.
Il primo giorno, a partire dalle ore 14, sarà dedicato al confronto tra le diverse realtà con tavoli e discussioni tematiche; domenica 19 alle ore 10 si terrà l’assemblea plenaria.
La due giorni si svolgerà presso lo spazio sociale “CaseMatte” (ex ospedale psichiatrico di Collemaggio).

La straordinaria determinazione con la quale gli abitanti  aquilani e dei paesi colpiti dal terremoto, pur nel contesto di una situazione per molti versi drammatica, hanno manifestato e si battono per ricostruire e ridare vita alla loro città ed al proprio territorio in contrasto con le scelte del governo Berlusconi e del suo pretoriano Bertolaso, rappresenta per tutti un esempio di come le comunità locali in lotta possano mettere in discussione la  “sovranità” e lo strapotere dei privati e della rendita. Del resto, con gradazioni diverse, ovunque il cemento e la rendita aggrediscono i nostri territori e le nostre vite, trasformando il mercato della casa in una vera e propria giungla di affitti impossibili, di mutui che rappresentano ipoteche sulle nostre vite, di dismissioni, svendite e vere e proprie emergenze.

Il modello delle cosiddette New Town non rappresenta soltanto il dono avvelenato che gli avvoltoi della speculazione portano in regalo ai cittadini dell’ Aquila e dei territori circostanti; nel resto d’Italia, soprattutto nelle grandi città, processi simili hanno già irrimediabilmente compromesso la realtà delle nuove periferie: vecchi e nuovi quartieri consegnati all’isolamento, alla mercificazione, alla desertificazione sociale. L’espulsione dai centri storici o comunque dalla cosiddetta “città consolidata” degli abitanti e dei ceti popolari, non rappresenta soltanto la logica conseguenza di questi processi, ma un tassello essenziale nella definizione di un nuovo modello di speculazione e controllo, di precarizzazione selvaggia delle nostre esistenze.

Così  come le popolazioni abruzzesi resistono a questa subdola operazione di saccheggio e normalizzazione si battono per difendere città, territori, radici,  anche nel resto d’Italia  a macchia di leopardo prendono corpo nuove iniziative e forme di lotta:  molte situazioni resistono alla prepotenza degli  sfratti, alle cartolarizzazioni, al caro affitti ed alle insolvenze, occupano e si oppongono agli sgomberi, hanno capito che è necessario rompere con le logiche del mercato, sottrarre le nostre vite al loro destino di precarietà ed incertezza, ricostruire forme si solidarietà e socialità “ altre”, spazi di indipendenza.

Anche la repressione contro i rom e i migranti, le polemiche di questi giorni, sono dentro un’idea dell’abitare dove la casa non è un diritto ma una possibilità legata al reddito più o meno “capiente”. E i metri quadri disponibili non sono spazi di vivibilità ma soglie di legalità insuperabili. Queste città così disegnate escludono gran parte dei loro abitanti e le vetrina in allestimento potrà essere guardata solo da molto lontano.

Anche per queste ragioni, le esperienze che  si sono incontrate nel percorso aperto e composito di  “Abitare nelle Crisi” hanno voluto declinare l’idea di una lotta per la casa che diviene lotta per il diritto all’abitare, contro il razzismo, la precarietà e la crisi. Immaginano non solo lo sviluppo di un processo di relazione e contaminazione, di  mutuo soccorso fra le lotte, ma una nuova stagione di mobilitazione ed iniziativa comune.

In questo cammino possibile la tappa dell’incontro a L’Aquila che proponiamo per il 18 e il 19 Settembre rappresenta un’occasione estremamente preziosa per proseguire ed allargare il confronto avviato, per allargare gli spazi di conflitto ed iniziativa dal basso su questi terreni, per costruire a più voci e a più mani sia il convegno immaginato per Ottobre a Roma che una forte ed incisiva mobilitazione nazionale.

———

Ps: Nonostante le difficoltà di questi giorni dovute alle continue scosse, gli/le aquilan@ si stanno organizzando per ospitarci: per pernottare basta portare un sacco a pelo e se qualcun@ può anche una tenda!

per info:

Enrico 338.4574753

Giulia 339.8637771

Irene 349.4663558

una canzone sempre attuale: questa casa non la mollerò (Ricky Gianco)

http://www.youtube.com/watch?v=yw9v9VBQVe8

Con la mano sinistra Alemanno e Polverini scrivono i comunicati e con la destra tagliano i fondi per la casa.

L’amministrazione regionale cancella 1 miliardo di euro destinato all’ERP.

Nella giornata di ieri
Renata Polverini e Gianni Alemanno
hanno invaso le agenzie di stampa
con veri e propri proclami sull’emergenza abitativa, affermando di
voler affrontare seriamente la questione casa in tutti suoi aspetti,
considerando il tema esplosivo e a rischio di tensioni sociali.

Entrambi però
utilizzano retoricamente l’emergenza
perché le manovre finanziarie
di assestamento di bilancio dicono altro. Cancellano totalmente
l’unica voce di finanziamento sicuro per l’edilizia
sovvenzionata, cioè per le case popolari.

I movimenti per il
diritto all’abitare
a fine luglio dello scorso anno si sono
scontrati duramente con l’amministrazione Marrazzo e con le forze
dell’ordine intervenute per respingere i manifestanti, per ottenere
un finanziamento stabile pari a 100 milioni di euro per dieci anni,
da ricavare dal 5 per cento del gettito proveniente dalla tassa
RcAuto spettante alle Regioni.

Ora l’attuale giunta
Polverini sta cancellando questo finanziamento
perché l’assessore
al bilancio non vuole vincoli di nessun tipo. Come si fa a rilasciare
dichiarazioni sul diritto alla casa quando ci si appresta a sostenere
operazioni di questo tipo? E il sindaco Alemanno da chi prenderà il
denaro necessario per affrontare la prima emergenza della città? Con
quale coraggio entrambi chiedono una moratoria sugli sfratti e
annullano provvedimenti utili per uscire dalla drammatica situazione
alloggiativa capitolina?

L’assessore
Buontempo incontrando i movimenti si era impegnato
a vigilare su
questa voce. Non sappiamo se quello che sta accadendo è frutto di
una sua distrazione o di una sua complicità, stiamo aspettando la
commissione casa che si riunirà domani e bilancio che si vedrà
giovedì per capire quale delle due opzioni scegliere.

I movimenti per il
diritto all’abitare chiedono al sindaco Alemanno 
e alla
governatrice Polverini di porre più attenzione e di fare i passi
necessari anche in termini economici sul diritto alla casa. Il primo
affrontando il tema delle caserme in funzione sociale e non per
ripianare il bilancio regalandole ai privati in cambio di una
valorizzazione al ribasso, la seconda ripristinando il vincolo sul 5
per cento destinato alle case popolari.

Giovedì 29 luglio
alle ore 16 saremo in Campidoglio
per proseguire la nostra irruzione
sul Bilancio e intendiamo essere ricevuti dal sindaco, mentre
vigileremo sulle decisioni regionali a partire dall’incontro di
domani con l’assessore Buontempo.

Roma, 27 luglio 2010

Movimenti
per il diritto all’abitare

ASIA-USB,
Blocchi Precari Metropolitani, Coordinamento cittadino di lotta per
la casa, Comitato Obiettivo Casa.

 

 

nuova tendopoli a Bologna

Report incontro nazionale “abitare nella crisi” (Roma, Porto Fluviale occupato -3 luglio 2010)

Realtà presenti: Roma,
Firenze, Pisa, Cosenza, L’Aquila, Bologna, Milano

 

Ci siamo incontrati
all’interno di una caserma occupata da 7 anni proprietà del
ministero della difesa e attualmente facente parte della lista di
immobili del demanio militare in dismissione. La caserma del Porto
Fluviale rappresenta un elemento di resistenza rispetto alla
valorizzazione basata sui processi speculativi della rendita
immobiliare e del capitale finanziario, una battaglia per la difesa
del patrimonio pubblico, un’idea di recupero urbano e di centralità
di un abitare basato sui diritti e sull’inclusione sociale delle
metropoli anziché sulla loro privatizzazione.

Gli interventi che si
sono succeduti
hanno toccato molti temi che hanno ripreso i fili di
ragionamento avviati nella tre giorni di Firenze e nell’incontro
bolognese all’interno del festival antifa del mese scorso. Il
vivere urbano e il ruolo degli abitanti de L’Aquila alle prese con
la ricostruzione post terremoto, a Milano dove la lotta per il
diritto alla casa nei quartieri popolari si intreccia con la
battaglia contro l’impatto dell’expo, il consumo di suolo e
l’espulsione continua di residenti storici dalla città
consolidata. Soprattutto Milano ha insistito nell’illustrare la
funzione devastante del PGT (Piano di Governo del Territorio) e la
sua logica di privatizzazione e finanziarizzazione dei territori che
rischia di essere un pericoloso precedente in grado di diffondersi
come esempio di governance a livello nazionale. Anche Firenze alle
prese con il “piano strutturale” e Roma con la possibile sequela
di varianti al piano regolatore generale di Veltroni e le politiche
dei grandi eventi dai mondiali di nuoto dello scorso anno fino al
“sogno” delle Olimpiadi 2020 si sono soffermate sul disegno delle
città, le sue implicazioni sull’abitare con l’evidente rapporto
tra speculazione e precarietà, tre rendita e reddito.

L’Aquila ha declinato
ragionamenti simili partendo non da grandi eventi o dalla città
vetrina
, ma dal disastro che comunque ha messo in moto la grande
macchina dell’emergenza, del controllo e del cemento. La città
intesa come luogo di incontro, di socialità e di possibile
autorganizzazione nella difesa dei diritti viene smantellata e
l’emergenza, anche quella alloggiativa, viene usata per disegnare
dispositivi di controllo e di vivere urbano rappresentato dalle new
town o centri di accoglienza, residence o contenitori che dir si
voglia. La parte pubblica fa un passo indietro e i privati vengono
chiamati a governare il territorio e gli affari, anzi le
amministrazioni usano il patrimonio per fare cassa e ripianare il
debito che loro stesse hanno creato strozzando la possibilità di un
disegno delle città basato sulla qualità della vita e i bisogni di
chi le abita.

Le mobilitazioni e le
effervescenze che si registrano sul terreno della lotta
per il
diritto all’abitare incontrano sempre più spesso, in molte delle
città presenti all’incontro, il tema delle trasformazioni
urbanistiche e si intrecciano con un ceto sociale più largo di
quello dell’emergenza abitativa. A Roma il fenomeno delle
dismissioni sta interessando migliaia di inquilini che rischiano di
perdere l’alloggio travolti dalle speculazioni e dalle necessità
di fare soldi degli enti privatizzati, degli istituti di credito e
delle compagnie assicurative.

Il salto di qualità
nell’interpretazione di ciò che sta accadendo e la necessità di
non farsi affossare dai numerosi sgomberi ai quali abbiamo assistito
in questi mesi, sono tornati ripetutamente in tutti gli interventi.
Da qui è scaturita la proposta di costruire in rete e in maniera
orizzontale un meeting di tre giorni da tenersi a Roma dall’otto al
dieci ottobre, dove mettere a fuoco tre elementi fondamentali: le
mappe e più in generale gli strumenti di un’inchiesta sociale viva
dei territori delle loro contraddizioni e delle loro capacità di
autorganizzazione, l’analisi della crisi e delle sue conseguenze in
termini di impatto sociale e di possibilità di costruire
l’alternativa ed infine le pratiche e l’immaginario comune e
condivisibile. Questa tre giorni che dovrebbe dare il respiro
necessario ad “abitare nella crisi”, si propone venga preceduta
da un appuntamento intermedio di costruzione da tenersi l’undici e
il dodici settembre a L’Aquila, sia per la richiesta proveniente
dai presenti alla riunione sia per il grande valore che ha quella
città rispetto alla crisi, all’emergenza e al controllo.

Per quanto riguarda
l’iniziativa concreta
si dovrà lavorare ad una ripresa del
confronto in rete usando sia la lista sia il blog di “abitare nella
crisi”, partendo da questo report e da una possibile
generalizzazione della moratoria sugli sfratti, sulle dismissioni
selvagge, sugli sgomberi, sulle insolvenze nei mutui, negli aumenti
d’affitto. La moratoria come possibile bandiera di lotta unificante
con la quale costruire prossime mobilitazioni dopo quella di Roma a
Montecitorio, dove l’inquilinato resistente ha manifestato
mischiandosi con gli occupanti e con gli sfrattati, evidenziando
chiaramente cosa vuol dire oggi abitare nella crisi.