SORVEGLIATI
E PUNITI
Inchiesta
sulla repressione e il controllo in Italia nella società e nei
movimenti.
Siamo
un gruppo di attivisti delle lotte sociali sparsi per l’Italia.
Stiamo lavorando, insieme tra gli altri a diverse realtà
impegnate sul carcere, a un inchiesta/libro bianco sulla repressione
e il controllo, dal titolo provvisorio di “Sorvegliati e puniti”.
Un percorso che coinvolga singoli attivisti, collettivi
autorganizzati, sindacati di base, reti che si muovono per i diritti
e la libertà, ma anche studi legali, giuristi, intellettuali…
Invitiamo
tutt* a leggere la presentazione del progetto e a contribuire alla
costruzione di questo lavoro collettivo in tutti i modi possibili,
collaborando, facendo girare l’appello, inviandoci informazioni e
contributi
PRESENTAZIONE
Dalle
giornate di Napoli del marzo 2001 ad oggi possiamo già
tracciare un primo ma significativo bilancio del processo di
criminalizzazione che i movimenti sociali
e le realtà dell’autorganizzazione sindacale hanno vissuto e
che, a nostro giudizio, negli ultimi mesi ha imboccato una rapida e
preoccupante intensificazione ed accelerazione
sul
piano
penale.
Da
quelle cariche violente, da quella piazza senza vie di fuga, dalle
torture subite dai manifestanti presi durante gli scontri, passando
per Genova, l’omicidio
di Carlo, altre torture, altri arresti, una violenza cieca e mai
vista così spudorata e sfacciata, questo paese sta vedendo
l’opposizione sociale continuamente obbligata a fare i conti
con una repressione dura e pesante.
Se
qualcuno avesse raccolto i dati su arresti, denunce, fermi e torture
subite, a partire da quella data di Napoli ad oggi, ci troveremmo a
fare i conti con migliaia di persone (già nel 2006 si
contavano più di 8000 procedimenti aperti) passate per
questure, Bolzaneto varie, carceri e tribunali del bel
paese.
Ciò
accade probabilmente perché proprio di questi soggetti,
proprio di queste rivendicazioni sociali, che provano a ritessere una
ricomposizione sociale forte e rivendicano diritti negati, i padroni
e i governanti continuano ad aver paura.
Dopo
Genova c’è stato l’11 Settembre: la guerra globale ha
dispiegato le sue strategie e le sue forme. Le manifestazioni contro
i conflitti globali hanno riempito le piazze e subito la repressione
di governi che, mentre covava una crisi economica senza fine,
spendevano miliardi di euro per mandare truppe prima in Afghanistan e
poi in Iraq. Fedeli agli USA sempre, con le basi Nato e le fabbriche
di armi pronte a colpire.
La
crisi economica appunto, la mancanza totale di garanzie e diritti in
un paese europeo che siede e presiede ai grandi consessi delle lobby
economiche mondiali. Alle azioni di autoriduzione generalizzata dei
prezzi in occasione della giornata nazionale per il reddito garantito
del 6 novembre 2004 il governo rispose, contro l’eterogenea rete
di precari e attivisti che quel giorno si mobilitarono contro il
caro-vita, con una sproporzionata campagna di criminalizzazione che,
nel corso degli ultimi anni, ha portato sotto processo con l’accusa
di rapina pluriaggravata ben 39 persone tra precari, disoccupati,
senza casa appartenenti a diverse realta’ dell’autorganizzazione
sociale, sindacale e per il diritto all’abitare.
Sulla scia di
questa inchiesta sono state sistematicamente represse le
autoriduzioni dei prezzi o le azioni di denuncia delle condizioni di
sfruttamento messe in campo a seguito di quella giornata in tutta
Italia.
Una serie infinita di episodi e di casi dove azioni,
scioperi, occupazioni di case, blocchi stradali ed altre forme di
protesta e di riappropriazione sono state duramente represse dalla
polizia e dalla magistratura su mandato delle forze governative e
padronali. Gli studenti delle scuole medie superiori, denunciati in
massa perchè occupano una scuola, o perché in
autogestione o perchè sorpresi a farsi una canna. Gli
anarchici presi sempre a pretesto: perquisiti, arrestati e condannati
a priori per qualsiasi cosa. Chi si occupa di informazione, con
intimidazioni, perquisizioni alla ricerca di video, materiale
fotografico, con strane sparizioni di archivi e documenti. I
disoccupati napoletani inquisiti per associazione a delinquere
finalizzata all’estorsione di lavoro. Chi è arrestato per un
semplice volantinaggio, per un graffito o una scritta fatta sui muri
della sua città. Quei lavoratori, spesso precari, che hanno
come risposta alla loro attivazione per un diritto il licenziamento
immediato o le precettazioni, migliaia di persone i cui nomi,
consegnati spesso dai sindacati ai carabinieri, sono in mano ai
giudici. Chi occupa casa per necessità e si ritrova con decine
di denunce, come a Roma, a Firenze, a Milano, a Palermo, oppure
addirittura viene arrestato, posto al centro di una montatura
giudiziaria costruita ad arte come fu nel caso di Action a Roma, o
più recentemente nel caso dell’inchiesta sull’ex-scuola “8
marzo” a Magliana, dove l’accusa non è solo quella di
associazione
ma addirittura di racket e estorsione! E ancora le battaglie contro
la devastazione e la precarizzazione ambientale come ad Acerra,
Pianura, Scanzano, Salerno, Campagna e la Val di Susa, dove la rabbia
e la determinazione della popolazione ha ricevuto indietro solo
violente cariche e denunce a pioggia per i molti cittadini in lotta.
Gli
arresti preventivi e prolungati, come quelli vissuti dagli indagati
del processo di Cosenza, o dagli imputati dell’11 marzo ’05 a
Milano, o a Lecce, o per il G8 del luglio ’09 a Roma o subito
prima, per la contestazione del summit dei Rettori a Torino, e
purtroppo molti altri ancora, più che mossi da una “necessità
giuridica”, appaiono usati come un monito, una minaccia, un
avvertimento.
Spesso
la specifica rivendicazione sociale viene tradotta e tramutata in
fattispecie di reati comuni
(devastazione e saccheggio, rapina, furto…) riducendone il portato
politico e spesso negando lo stato di bisogno che muove i movimenti,
mentre la pratica concreta e quotidiana dell’autorganizzazione viene
messa al centro della criminalizzazione mediatica e giudiziaria. Così
si trasla la dimensione del diritto su quella del delitto – sic
et simpliciter
-, e si schiaccia il diritto comune su quello penale senza soluzione
di continuità.
Insomma,
qui si tratta di una repressione
coordinata
e
programmata dalle forze padronali e politiche di questo paese, sia di
destra che di sinistra.
L’aggravarsi
della crisi globale dal 2001 ad oggi ha prodotto infatti, anche in
Italia, costi sociali rilevanti e un aumento esponenziale dei
livelli di precarietà ed è un dato di fatto che gestire
la crisi in questo paese non ha voluto dire allargamento delle
garanzie sociali, ma aumento dello sfruttamento e della precarietà.
Controllare con la repressione il malessere sociale diffuso e tentare
di normalizzarlo, distruggere qualsiasi opposizione sociale, peggio
se in procinto di dare segnali reali di autorganizzazione autonoma e
di radicalità nella lotta, è divenuto l’obiettivo
primario del potere.
La repressione, la svolta autoritaria si può
capire solo se leggiamo le trasformazioni sociali in cui avviene, nel
modello di sviluppo capitalista, nella devastazione sociale che le
scelte politiche ed economiche generano.
Succede
con gli studenti a Torino, con il G8, con la lotta per la casa, con i
precari che si organizzano, con i migranti criminalizzati e
sfruttati, con un turbine di inchieste, maxioperazioni da prima
pagina, misure cautelari, sgomberi di case e spazi occupati, con l’
evidente
limitazione dell’agibilità e della libertà di singoli
attivisti e delle lotte sociali.
Succede
con il processo di Genova contro i 25 imputati per “devastazione e
saccheggio”, dove in secondo grado vengono confermate le condanne
per 11 attivisti e aumentate le pene anche di 5 anni. Parliamo
di condanne da 10 a 15 anni per dei danni fatti a merci, vetrine,
proprietà private… Il reato di devastazione e saccheggio,
come quello di rapina, spesso usati anche per colpire i movimenti
sociali, sono nei fatti equiparati dalla giurisprudenza a un
omicidio, uno stupro, un rapimento. E in particolare questa sentenza
appare per quello che è: una vera e propria vendetta di Stato.
Quasi
2010. Viviamo in un paese in cui la repressione e il controllo sono
la normalità e le libertà personali sono sempre meno
garantite per tutt*.
Siamo il paese europeo con il più disastrato sistema
carcerario, con decine di migliaia di persone detenute, anche per
pene minime, in condizioni insostenibili.
Il
governo e la politica rispondono alla crisi con un dispositivo
autoritario e segregazionista come il Pacchetto sicurezza, dove
razzismo e xenofobia non sono più soltanto una variabile
“utile” nelle politiche neoliberiste, nella gestione del mercato
del lavoro e della sicurezza, ma discriminazione aperta e pienamente
legale per cui non a torto è stata utilizzata la definizione
di “leggi razziali”.
Con il reato di clandestinità
vengono lesi irrimediabilmente diritti elementari dei e delle
migranti residenti sul territorio italiano. Con il prolungamento
della detenzione nei CIE fino a 18 mesi si trasforma la detenzione
amministrativa in vera e propria galera per i/le migranti irregolari.
Con la pratica dei respingimenti in mare e alle frontiere il governo
Berlusconi rivendica esplicitamente un crimine contro i diritti
umani.
Con
il pacchetto sicurezza siamo tutt* meno liber*, nelle relazioni
quotidiane, nella società, nei quartieri, presidiati dalla
Polizia e dall’Esercito. Gli spazi di libertà individuale e
collettiva si stringono sempre di più, aumentano i divieti
mentre si fomenta l’odio legittimando le ronde e il razzismo.
Abbiamo
visto l’Abruzzo trasformarsi dopo il dramma del terremoto in
un’enorme gabbia, un esperimento di stato d’eccezione che ha
salvaguardato gli interessi e la propaganda della ricostruzione, e
reso difficilissima la rinascita di un tessuto sociale e il
rivitalizzarsi delle minime relazioni umane.
Terrorizzare,
quindi, per non affrontare i veri problemi sociali: la crescita del
lavoro nero, i licenziamenti di lavoratori e lavoratrici,
l’intensificazione dello sfruttamento e del ricatto per tutti.
Il
pacchetto sicurezza, quindi, fornisce nei fatti una vera e propria
“copertura ideologica” nonché nuovi strumenti legali, a
operazioni mirate a colpire i diritti di tutt* e le lotte sociali.
E’
giunto il momento che il movimento si interroghi di nuovo sulle forme
del potere e della governance al tempo della crisi. Che produca una
campagna di massa. Che rompa l’isolamento delle lotte sociali sulla
repressione, che costruisca una mappatura e un ragionamento inclusivo
a livello nazionale, che si apra a un dibattito sulle libertà
individuali e collettive, per garantire dal basso l’agibilità
e la tutela della cittadinanza e dei movimenti.
Un
inchiesta, un libro bianco, tanto per cominciare. Che racconti questi
10 anni di trasformazioni, battaglie, processi vissuti dal tessuto
sociale e dai movimenti in Italia, che raccolga dati numerici e
analizzi con attenzione e competenza la costanza dei reati e il loro
uso strumentale contro i movimenti, che analizzi i reati connessi al
Pacchetto Sicurezza e faccia un primo bilancio della società
dei recinti in cui viviamo nostro malgrado. Che riprenda in mano il
processo di Genova, che si avvia alla Cassazione, leggendolo nella
sua “esemplarità” e complessità.
Un
percorso che coinvolga singoli attivisti, collettivi autorganizzati,
sindacati di base, reti che si muovono per i diritti e la libertà,
ma anche studi legali, giuristi, intellettuali…
Liberta’di
movimento per tutt*!