CASA, STOP A SFRATTI E SGOMBERI. OGGI PROTESTE IN TUTTO IL PAESE.

Liberazione

Cortei
a Roma e Napoli. Presidi a Firenze, Torino, Bologna, Milano. A Parma,
Ferrara, Piacenza e Modena iniziative “a sorpresa”

Giù le mani
dalle case Stop a sfratti e sgomberi

di Daniele
Nalbone

Il diritto
all’abitare nell’infuriare della crisi. Oggi mobilitazioni a
catena nelle città

Mutui inaccessibili.
Affitti sempre più alti. Il patrimonio degli enti e delle fondazioni
in dismissione. L’edilizia residenziale pubblica allo sfascio.
Tutto questo è “abitare nella crisi”. E contro tutto questo,
oggi, i movimenti, i collettivi e le associazioni che si battono per
il diritto alla casa hanno proclamato la Giornata Nazionale contro
Sfratti e Sgomberi. A Napoli (ore 10.30 da piazzetta Materdei) e Roma
(ore 17 da piazza Esquilino) due cortei sfileranno per le vie della
città mentre a Firenze (ore 10), Torino (ore 11), Bologna (ore
16.30) e Milano (ore 16.30) sono in programma presidi sotto le
prefetture «per generalizzare la richiesta di blocco degli sfratti»
spiegano i movimenti nell’appello nazionale «chiamando in causa i
Prefetti e le amministrazioni regionali». Una mobilitazione
significativa, quella di oggi, che arriva all’inizio di un mese che
vedrà, il 31, scadere la proroga degli sfratti per le categorie
protette, con il risultato che altre migliaia di famiglie entreranno
in emergenza. «Quella di oggi» spiegano i movimenti «sarà la
prima giornata di mobilitazione di una lunga serie e che disegnerà
una “mappa delle resistenze” contro l’emergenza abitativa». Il
tutto verso una manifestazione nazionale che si terrà, probabilmente
a Firenze, nei primi mesi del nuovo anno. «Non possiamo starcene a
guardare» continuano «mentre i governi locali e nazionali
continuano a emanare Piani Casa che vertono esclusivamente sulla
vendita del patrimonio residenziale pubblico, l’avvio di un piano
di housing sociale e la liberalizzazione delle procedure edilizie».
Ma se a Roma, Napoli, Firenze, Bologna, Milano e Torino al centro
della mobilitazione ci sarà anche la difesa degli spazi sociali e
culturali, da settembre oggetto di sgomberi e campagne di
criminalizzazione «con le amministrazioni comunali che evidentemente
pensano di gestire la crisi economica colpendo quei pezzi di società
che si organizzano nei territori per costruire accoglienza e
inclusione sociale», la giornata di Parma, Ferrara, Piacenza e
Modena sarà contraddistinta da una serie di iniziative “a
sorpresa” che dimostreranno il fallimento delle politiche abitative
messe in atto dai governi. Fallimento che è racchiuso tutto
nell’esperienza di Parma dove, nei prossimi giorni, si terranno
quelli che vengono pomposamente definiti gli “Stati Generali della
Casa”, un’iniziativa che, come spiegano gli attivisti della
Società di Riappropriazione Urbana, «vuole dare una parvenza di
partecipazione e collaborazione tra le parti sociali per definire le
politiche abitative della città». Peccato, però, «che le linee
direttive portanti dell’intervento del Comune di Parma siano già
fissate e imposte al tavolo di discussione». In pratica, gli “Stati
Generali della Casa” altro non saranno che «un percorso di
autocompiacimento di un Comune che cerca plausi e gratifiche». Le
nuove tipologie di “edilizia residenziale pubblica” prospettate a
Parma, infatti, soprattutto quelle relativi agli alloggi a canone
“sostenibile” (progetti Casadesso e Parmabitare), non
corrispondono alle esigenze delle famiglie che versano in emergenza
abitativa: «i nuclei senza reddito, monoreddito, chi è in mobilità
o in cassa integrazione, chi prossimo allo sfratto, non sa che
farsene di alloggi da 450 euro al mese» spiegano dalla SRU. Esempio
del fallimento delle politiche comunali in materia abitativa gli
undici anni che ci sono voluti per costruire le ultime 28 case
popolari in via Lazio, «retaggio di progetti di fine anni ’90 che
si sono trascinati nel tempo». Peccato, però, che solo tra il 2006
e il 2007 si siano venduti 41 immobili di quella che era, una volta,
edilizia residenziale pubblica.

Mo basta day”
oggi a Roma contro Alemanno

di
A.
D’A.L.

I movimenti della
Capitale protestano uniti

 Il «Mo’
Basta!» convocato dai movimenti, di lotta per la casa e non, di Roma
per la giornata di oggi è cominciato già ieri. Con una nutrita
folla di studenti che hanno accolto la convocazione della protesta ad
un anno dallo sgombero dell’occupazione da parte di senza tetto
autoctoni e stranieri dell’edificio abbandonato della ex Asl di via
Revoltella, a Monteverde, tuttora ovviamente vuoto: e l’hanno
rioccupata, simbolicamente. Esponendo uno striscione che potrebbe
essere la didascalia sintetica di tutte le ragioni che conducono alla
manifestazione fissata per oggi pomeriggio alle 17 a piazza Vittorio:
«Abbandono e repressione è il risultato della vostra repressione».

A riassumere tutta
l’attualità e la motivazione della protesta dei movimenti, è
stato lo stesso sindaco di Roma che del corteo richiesto (e tuttora
in forse sul percorso) per oggi è l’interlocutore polemico
diretto. Lo ha fatto con quanto detto e chiesto nell’incontro sul
famigerato “protocollo sui cortei” ieri mattina davanti al
Prefetto della capitale, con i firmatari del primo sciagurato testo
che gli ha consentito di fare della linea del divieto di
manifestazioni nel centro storico della città (e centro politico del
Paese) un suo cavallo di battaglia inesausto. Precisamente,

Alemanno ha chiesto
niente meno che quanto segue: «Una tregua per tutte le festività
natalizie». Il che significa, spiega lo stesso sindaco, «firmare un
impegno a non far svolgere le manifestazioni da qui fino ai primi di
gennaio ». A parte, bontà sua, «ii due scioperi previsti e
programmati del 15 e del 21 e il No B Day del 5». Per aggiungere
poi, in ulteriore dettaglio: «L’idea è quella di evitare le
manifestazioni dinamiche, perché quelle statiche si possono sempre
fare».

Il tutto,
naturalmente, motivato con una “buona volontà” politica: perché,
spiega ancora Alemanno, l’accoglimento di questa sua richiesta «ci
permetterà (alla sua amministrazione comunale, ndr) da un lato di
riflettere meglio sul protocollo a regime, dall’altro di affrontare
subito e di risolvere questa emergenza».

In verità, dietro
alla mossa del sindaco della capitale c’è un disagio nei confronti
della sua linea che ha coinvolto formalmente e pubblicamente, non più
tardi dell’altro ieri, lo stesso ospite del tavolo cui Alemanno ha
avanzato la sua “modesta proposta”: ossia il prefetto. Che aveva
persino paventato di impugnare gli eventuali vizi di
incostituzionalità d’un altrettanto eventuale «atto unilaterale »
dell’amministrazione sulla “moratoria” dei cortei.

In realtà Alemanno
conferma a suo modo di non voler demordere da una linea di condotta
che non è certo fatta del solo spauracchio d’una messa al bando
del diritto costituzionale a manifestare le proprie opinioni sulla
pubblica piazza. Una linea scandita dallo “stop and go” continuo
di iniziative repressive e simulazioni di dialogo con i movimenti,
anzitutto. A partire da quelli per il diritto all’abitare, certo,
vista la loro forza e quella del problema abitativo nella capitale,
con il rientro dal periodo delle ferie estive di quest’anno segnato
dallo sgombero d’una delle maggiori e più unitarie occupazioni
romane, quella del Regina Elena. E poi con la pressione
politicomediatica di tutto ciò che circonda l’amministrazione
capitolina attuale per un’operazione come quella sulla carcerazione
e sull’incriminazione per estorsione (l’organizzazione degli
occupanti…) di alcuni degli attivisti dello stabile occupato di
Magliana, tuttora alle misure cautelari mentre dell’edificio – che
tocca gli interessi nientemeno che di Caltagirone – la destra di
governo municipale e comunale continua a richiedere lo sgombero. Ma è
una linea che si è abbattuta sull’interezza del panorama
dell’attivismo sociale nella città: e non a caso la convergenza
sul corteo previsto per oggi pomeriggio da piazza Vittorio si è
saldata subito dopo l’ennesima esperienza repressiva ed
emergenziale, lo sgombero del laboratorio occupato Horus 2.0.

Quella che si
attende, dunque, è una risposta che sarà significativa anche per il
senso che i movimenti possono dare, concretamente, a piattaforme più
generiche come quella del NoB-Day di sabato. Mentre dal Pd, diviso
sempre, un Enzo Foschi scopre l’interesse per l’opposizione ad
Alemanno e già propone un NoA-Day per gennaio. Peccato che dicembre,
ed oggi, vengano prima.