Roma 5/7 novembre_ incontro nazionale: territori e conflitti

Il confronto iniziato a marzo in quel di Firenze e che ha dato vita alla rete nazionale di “Abitarenella crisi” ci ha consentito di approfondire molti aspetti legati alle battaglie che quotidianamente portiamo avanti sui territori e ai processi in atto in tema di politiche abitative, crisi e molto altro ancora.

Con la consapevolezza della strada ancora da percorrere ma anche della grande ricchezza e potenzialità di questo spazio ci prepariamo ad affrontare la tre giorni di Roma che si svolgerà dal 5 al 7 novembre 2010 in tre diversi luoghi simbolo delle lotte attive nella metropoli.

Proprio la preziosa scorta di ciò che abbiamo ricavato dagli incontri precedenti ci consente di non partire da zero ma da alcuni concetti portanti: le lotte per il diritto alla casa sono sempre più declinate come lotte per il diritto all’abitare; le lotte per il diritto all’abitare rappresentano uno territori centrali del conflitto, della riappropriazione di reddito e di vita che tutti in settori sociali colpiti della crisi sono chiamati oggi ad affrontare e ad agire, contro ed “oltre” la condizione di precarietà che pervade in maniera sempre più brutale ed aggressiva ogni aspetto delle nostre esistenze.

I conflitti dal basso del resto sono molti e ognuno di questi attraversa contesti urbani e territoriali diversi. Ricercare fili, operativi e concettuali, comuni e ricompositivi,rappresenta un passaggio fondamentale per dare maggiore qualità e forza all’azione e ai conflitti stessi. Proprio per questo è urgente e necessario costruire una piattaforma ed una cassetta degli attrezzi condivisa e comune da spendere sui rispettivi territori.
I tavoli di lavoro proposti alla discussione generale spaziano dai grandi eventi, le grandi opere e i grandi piani, al concetto di comunità sovrana che disegna dal basso la città meticcia, esercitando un diritto di suolo che sottrae spazi al mattone ed alla rendita, alle nocività ed alle mafie, che ragiona nei termini della riappropriazione diretta di reddito, socialità, saperi, qualità della vita.
L’approfondimento necessario ci potrà anche dare la spinta in più
per l’affermazione di una moratoria generalizzata degli sfratti e degli sgomberi, per una nuova e diversa stagione di lotta contro la rendita la speculazione privata che passa inevitabilmente per il rifiuto del libero mercato degli affitti e della corsa alla casa di proprietà, ma soprattutto per una stagione nuova e diversa di investimento sull’edilizia residenziale pubblica, sulla casa come bene comune. Questa battaglia che accomuna centinaia di migliaia di persone deve essere assunta come obiettivo di fondo sul quale realizzare in ogni angolo del paese una nuova stagione di lotte e di protagonismo sociale.
Garantire un tetto a tutte/i del resto non ci basta
e per questo ci opponiamo all’idea che siano il cemento e l’indotto economico che ne deriva a tracciare la strada maestra per uscire dalla crisi con continuo consumo di suolo, svendita del patrimonio pubblico e demaniale, semplificazione/facilitazione delle procedure edilizie, rafforzamento della rendita fondiaria, l’accentuazione dai dispositivi che producono controllo sociale e precarietà diffusa.

A questo disegno di governo contrapponiamo l’idea dell’utilizzo del patrimonio esistente e il recupero di aree dismesse, come le caserme o gli insediamenti industriali abbandonati da trasformare e valorizzare solo in termini sociali, di produzione di risposte e diritti. La testardaggine con la quale abbiamo proceduto, procedendo dal basso senza facili scorciatoie, sempre partendo dalla realtà concreta, mai dal cielo della politica, ci consente oggi di immaginare lo spazio pubblico di abitare nella crisi come luogo aperto in grado di narrare la nostra idea di abitare.

Un’altra idea idea di abitare, di città e di territorio, che vogliamo contrapporre con sempre maggiori capacità di autorganizzazione minuto dopo minuto, metro dopo metro, all’arroganza “dei poteri forti” e di una “politica” sempre più lontana ed estranea ai nostri bisogni e ai nostri desideri. Gli esempi in campo sono già molti dalle lotte contro discariche ed inceneritori, contro il nucleare e le grandi opere dalla TAV fino al ponte sullo stretto, dalle occupazioni di case e di aree abbandonate fino ai mille rivoli delle lotte dei precari dentro e fuori i posti di lavoro, le scuole e le università.
Mille rivoli, mille storie che dalla Nord al Sud, passando per certamente per Terzigno e Boscoreale, dovranno attraversare città e territori per diventare fiume in piena in grado di spazzare via i ladri del nostro presente e del nostro futuro.

Programma:

Venerdì 5 novembre 2010 presso L.o.a. Acrobax – ex Cinodromo (Ponte Marconi)

ore 19.30: aperitivo, dibattito e proiezioni

L’altra città – suggestioni dal mondo

Attraverseremo il racconto di città lontane che si confrontano con diverse dimensioni del potere, tutte però attaccate con l’espropriazione del territorio, il saccheggio dei beni comuni il depauperamento delle forme di vita urbana in generale. Dalla Colombia alla Palestina processi violenti di espropriazione totale, quali quelli che producono desplazados, terre sottratte, colonie e deportazioni. Fino alla doppia lezione del Venezuela, tra il conflitto delle comunità sovrane che abitano la città e una legiferazione alternativa emanata da un governo “anomalo” anche in supplenza dei movimenti.

Arriveremo al confronto con le trasformazioni più prossime, quelle di altre metropoli europee, come nella permanente “crisis de la vivienda” dello stato spagnolo, frutto di un modello socio-economico che espelle ed esclude sempre più persone dal diritto alla città.

Un viaggio con video e racconti per illuminare quei tessuti sociali che si autorganizzano dal basso e mostrare quegli incroci/angoli che si danno nelle strade dell’altra città, condividere le esperienze di legiferazione imposte dal basso o permeando nuovi spazi di governance indipendente.

Per arrivare ad afferrare che abitare non significa solo avere un tetto sulla testa ma vivere e difendere un territorio in ogni strada, in ogni mondo.

Ore 21: cena sociale e a seguire dj-set e video

Sabato 6 novembre 2010 presso Metropoliz (via Prenestina 913)

ore 10: Tavoli tematici

    1) Grandi opere, grandi eventi: la crisi come occasione per la rendita
    tra emergenza permanente e controllo.

Olimpiadi, Expo, il ponte sullo stretto e altre grandi infrastrutture intrecciano grandi eventi e grandi opere con un’idea di città immaginata come nuova occasione di sviluppo urbano e di profitto. Dentro questa ipotesi di governo del territorio si disegna da un lato la new town, questa volta non generata da un disastro naturale come a L’Aquila ma pensata come soluzione alla crisi, e dall’altro il centro storico vetrina, securizzato e anestetizzato, pronto per essere venduto a chi offre di più. Nuove colate di cemento intorno alla città vecchia e nuove esclusioni dalla città esistente come opportunità da cogliere. Una sorta di emergenza generale, di catastrofe senza responsabilità definite, nella quale ognuno è chiamato a fare la sua parte. In questo senso la gestione del dopo sisma abruzzese, come l’attacco ai territori messi sotto scacco dalle nocività e colpiti dai grandi imbrogli ecoenergetici di inceneritori e discariche, vorrebbe essere un paradigma convincente che nasconde solo le bugie di una classe politica corrotta e incapace che utilizza forme di gestione della sicurezza e del controllo sociale negando diritti e militarizzando i territori.

Questo focus è chiamato ad approfondire la riflessione sulla trasformazione dei processi produttivi nelle città, di un’economia sempre più urbana e di una crescita dei valori immobiliari senza precedenti, con un nuovo orizzonte che passa dalle delocalizzazioni ai cambi di destinazione d’uso, fino al piano di “housing sociale” nuova fonte di incredibili guadagni per i soliti noti col pretesto di un intervento giustificato dall’ormai ineludibile sofferenza abitativa, dentro una cornice patinata fatta di grandi eventi e archistar.

La sovranità sul suolo da parte dei cittadini diventa dirimente e l’esercizio di questa, si manifesta attraverso la sottrazione di aree e manufatti alla rendita e alle speculazioni, così come con i progetti di autorecupero e autocostruzione per contrastare dal basso nuovo consumo di suolo e di cielo. Allo stesso tempo l’autodeterminazione delle comunità territoriali che respingono l’arbitrio di un potere repressivo e oppressivo appaiono come l’unica soluzione di una gestione dei rifiuti che ha compromesso la vivibilità dei territori e il diritto alla salute di chi li abita.

2)Pratiche, strumenti di autorganizzazione, tutela e in/formazione. Sportelli, spazi e territori.

Le relazioni che si formano dentro i territori sono molteplici nella declinazione del diritto all’abitare. Si incontrano lo sfrattato e l’inquilina cartolarizzata, il migrante e la studentessa fuori sede senza casa, i comitati per la difesa del parco e quelli contro un’installazione nociva, le precarie di un call center e quelli dell’Ikea. Quelli che vogliono la fontanella funzionante e quelli che non vogliono l’antenna sul tetto. Una realtà che necessita di nuovi strumenti di comprensione, di nuove pratiche di conflitto, di informazioni aggiornate e consapevoli.

Questo gruppo di lavoro vorrebbe definire la nuova cassetta degli attrezzi per affrontare la realtà ed essere capaci di produrre autorganizzazione e di formare nuovo attivismo metropolitano. La comune necessità di conoscere tanto le normative nazionali (vedi la 431/98 o quelle contenute nel Pacchetto Sicurezza) quanto quelle che definiscono quel poco di welfare locale che ancora esiste (dai bandi per le case popolari agli assegni del bonus casa) deve trovare in questo momento di riflessione e scambio di pratiche la forza di costruire nuove rivendicazioni sui territori e allo stesso tempo la capacità di superare il mero vertenzialismo.

3) Diritti di cittadinanza e forme di welfare metropolitano: la città meticcia si disegna dal basso.

Esperienze comunitarie che si sviluppano nei luoghi occupati, comitati e reti in difesa dei beni comuni, spazi sociali, produzioni culturali indipendenti: l’incontro tra diversità non mercificato e mercificante produce spazio urbano alternativo? Le lotte per i nuovi e vecchi diritti di cittadinanza sono in grado di tracciare un welfare metropolitano?

Di questa scommessa sull’uso pubblico della città e del territorio occorre approfondire il senso, confrontare le esperienze, verificare i limiti. La soluzione abitativa dentro uno spazio urbano accogliente e solidale, prodotto dalle pratiche, dall’interazione, dalle relazioni tra chi lo vive, può e deve divenire la forma di riappropriazione del diritto alla città dentro la crisi, fondato sul rifiuto di qualsiasi forma di discriminazione, sulla libertà di sperimentare nuove forme di economia e di socialità, sulla cura dell’ambiente e il risparmio di risorse naturali.

Ore 16: Tavoli tematici a confronto.

Proponiamo un metodo di confronto che valorizzi le discussioni dei tavoli della mattina e lasci spazio alle esperienze e ai percorsi attivi nelle diverse città che parteciperanno senza però trascurare la necessità di giungere non già ad una sintesi bensì alla definizione di uno spazio d’iniziativa comune che sappia contrapporsi con forza all’entità dell’attacco che subiscono i diritti in questo paese. Il percorso sin qui maturato da Abitare nella crisi ha già posto come questione dirimente il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica, i cui finanziamenti sono fermi da anni con il conseguente blocco delle graduatorie e delle assegnazioni in molte città italiane, e l’opposizione all’housing sociale che non rappresenta una risposta in termini di diritto all’abitare ma solo un goffo tentativo di rispondere alla crisi globale con nuove colate di cemento per di più su aree e con finanziamenti pubblici. Accanto a questo sarà necessario confrontarsi sulla costante emergenza sfratti molti dei quali dovuti a quella che abbiamo cominciato a definire morosità incolpevole dovuta dal micidiale mix di un caro affitti senza precedenti e di una precarietà di vita che comporta discontinuità di reddito e retribuzioni sempre più basse come quelle di coloro che la sociologia ufficiale definisce working poors.

Ore 22.30: Contro la crisi accendi la notte

Indo e dj Jack (from Junglabeat) presentano il video “Stato di minaccia”

a seguire contributi di: Assalti frontali e Ill Nano

dj/vj set:dj Toto, dj Hagga, Gigi&friends

Domenica 7 novembre 2010 presso occupazione Via del Porto fluviale, 12

Ore 10: Assemblea Plenaria conclusiva

Territori e movimenti a confronto su conflitti, indipendenza, prospettive di attivazione comune dentro e contro la crisi

Sul futuro di Torbellamonaca devono decidere gli abitanti e non i costruttori

Il sindaco Gianni Alemanno in questi giorni sta inviando delle lettere ai cittadini e alle cittadine di Torbellamonaca parlando di riqualificazione attraverso la demolizione degli edifici, invitandoli alla presentazione del progetto il 3 novembre nell’università di Tor Vergata.

Si parla di spostamenti fuori Roma, di case parcheggio, di abitazioni popolari solo per gli aventi diritto. Molti sono giustamente preoccupati e chiedono informazioni certe.

Quello che noi sappiamo è che: il progetto riguarda non solo i 14 edifici da abbattere e ricostruire non si sa dove, ma risulta più esteso; il comune intende dividere gli abitanti in tre categorie: a) gli aventi diritto, b) gli occupanti senza titolo, 3) gli inquilini con redditi più elevati che non hanno più i requisiti per avere un alloggio popolare. Qual è il futuro di questi cittadini? Per i primi le case popolari, per i secondi lo sgombero, per i terzi l’housing sociale a 500 euro al mese?

Se le cose stanno così c’è da temere e bisogna rispondere partecipando in massa all’incontro di mercoledì 3 novembre presso l’auditorium “Ennio Morricone” dell’università di Tor Vergata in via Columbia 1. L’appuntamento che ci stiamo dando è per le 17.30 davanti la facoltà di lettere e filosofia.

Pensiamo che il progetto che il sindaco vuole illustrare sia pericolosamente legato agli interessi dei costruttori romani e delle banche, che dopo aver messo le mani sull’80% delle caserme in dismissione vogliono sfruttare anche questa occasione utilizzando la nuova legge regionale proposta dalla giunta Polverini. Una legge che prevede forti aumenti di cubatura in caso di abbattimenti e ricostruzioni.

Pur di fare cassa il comune utilizza l’emergenza abitativa e il degrado per continuare a costruire. E’ ovvio che per un progetto simile servono i privati e questi non fanno mai nulla gratis. Che cosa gli ha promesso il sindaco? Forse le stesse cose che promettevano Veltroni e Rutelli?

Gli abitanti di Torbellamonaca e dell’ottavo municipio di Roma difenderanno il loro diritto all’abitare come sta già accadendo con i parchi.

Qui non si decide nulla senza di noi!

Movimenti per il diritto all’abitare

campagna nazionale: Make school not war!

I soldi per la scuola si devono trovare tagliando la scuola militare

In queste settimane le mobilitazioni contro i programmi che introducono nella scuola forme di addestramento militare (in particolare Mini-naja e Allenati per la vita) sono state molto importanti, diffuse sul territorio e partecipate da decine di migliaia di studenti nei cortei dell’8 ottobre. In particolare a Milano hanno anche costretto alcuni dei protagonisti a fare marcia indietro (come nel caso dell’Unione Nazionale Ufficiali in Congedo), prefigurando il fatto che si può vincere questa battaglia.

Per questo lanciamo un appello per una mobilitazione che inizi dal mondo della scuola ma coinvolga tutti coloro che sono contro la guerra che sempre più diviene globale e permanente, attraversa le nostre vite e distrugge interi paesi. Costruiamo una mobilitazione di tutti coloro che vogliono un futuro di solidarietà e antirazzismo, attraverso la cultura e la globalizzazione dei diritti, non attraverso la militarizzazione in casa e le bombe nel resto del mondo. Una mobilitazione che sarà portata avanti in forme molteplici, da collettivi studenteschi e organizzazioni dei lavoratori di scuola e università, associazioni e reti contro la guerra o che operano concretamente per la pace in Italia o nei paesi in cui si combatte, mezzi di informazione libera che non vogliono sottoporsi alla censura che sempre accompagna gli eserciti e le armi.

Facciamo del 4 novembre, all’interno di questa campagna, una giornata in cui scendere in piazza, mentre si celebrano le forze armate, per dire che ciò di cui abbiamo bisogno non è la guerra ma l’istruzione, non è il futuro di potenza nucleare (civile e militare), ma il ritiro delle truppe in Afghanistan

Bologna Prende Saperi

http://bolognaprendecasa.noblogs.org/

campagna nazionale Make school not war!

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per maggiori info:

www.disarmiamoli.org

www.cantiere.org/art-02685/make-school-not-war.html

Da Roma per Terzigno..

A Roma le case popolari non servono

A notte inoltrata, erano quasi le due, si è confezionato l’ennesimo regalo ai signori del mattone e alla rendita. Il consiglio comunale ha approvato la delibera sulla dismissione e alienazione delle caserme romane, 82 ettari di suolo e manufatti pubblici che diventano territorio di conquista della speculazione immobiliare.

La valorizzazione che verrà realizzata con le aree e gli edifici in oggetto è enorme, l’aumento di cubatura e il cambio di destinazione d’uso dei fabbricati diventano il miele dell’insaziabile fame di cemento dei costruttori romani. L’amministrazione sceglie di monetizzare e nello scambio ricaverà denaro da versare per ripianare un indebitamento atavico.

Solo il 20% di questo suolo che sta per essere alienato rimarrà pubblico, grazie alla mobilitazione tenace dei movimenti per il diritto all’abitare che strappano il massimo risultato possibile per la legge che regola queste dismissioni. L’occasione che non viene colta, contraddicendo anche la delibera d’indirizzo del piano casa comunale, è quella di far atterrare su questa superficie pubblica l’edilizia sovvenzionata insieme ai servizi. Il 25% della SUL (superficie utile lorda) pubblica verrà destinata ad ERP e housing sociale in un mix senza quote definite che quindi sarà prevedibilmente e fortemente sbilanciato verso gli alloggi privati a canone calmierato che, non prevedendo graduatorie per l’assegnazione, non rappresentano una risposta alla forte emergenza abitativa cittadina.

Ancora risuonano nelle nostre orecchie le parole del consigliere Di Cosimo (Pdl) presidente della commissione urbanistica: “Roma non ha bisogno di case popolari”, e questa è la filosofia che ha guidato le scelte della maggioranza capitolina, nonostante che il piano casa preveda 6.000 alloggi in sovvenzionata e la grande opportunità offerta da questa dismissione per realizzarne buona parte, possibilmente facendolo pagare ai costruttori che faranno laute plusvalenze con i project financing da realizzare nelle caserme alienate.

I movimenti che si sono mobilitati per un’intera settimana, fino a sfiorare lo scontro fisico con le forze dell’ordine schierate a difesa del palazzo senatorio, per essere ricevuti, durante la seduta del consiglio hanno occupato la Sala del Carroccio, tentando fino alla fine di avere chiarezza sulla quota di Erp prevista, ricevendo solo fumose rassicurazioni sulla formula di housing che verrà applicata. Tutte balle per fare l’ennesimo regalo agli appetiti dei veri governanti di questa città, Parnasi, Caltagirone, Toti, Vaselli, solo per citarne alcuni.

Al termine di questa brutta pagina i consiglieri della maggioranza sono usciti tra gli insulti dei manifestanti, che non hanno risparmiato critiche anche all’opposizione debole, credulona e troppo alle prese con i propri problemi interni, solo 4 i consiglieri presenti in aula che hanno preso la parola per votare contro il provvedimento.

Questo ennesimo regalo ai costruttori e alle banche ci vedrà fieri oppositori, a partire dalla caserma occupata di via Porto Fluviale dove si svolgerà giovedì 11 novembre alle ore 17 un’assemblea cittadina con la quale i movimenti per il diritto all’abitare intendono lanciare una sfida a questa giunta e agli appetiti della rendita. Appetiti che adesso volgeranno lo sguardo anche verso questa preziosa occupazione.

Al Sindaco amico dei costruttori non daremo tregua. Ci vedremo in città!

Delibera sulle caserme: il 28 ottobre si torna in Campidoglio

Prosegue la mobilitazione dei movimenti per il diritto all’abitare. Dopo la manifestazione di lunedì scorso e la partecipata iniziativa di ieri sarà necessario tornare ancora sulla piazza del Campidoglio per ribadire l’assoluta importanza di mantenere il governo pubblico nelle operazioni di dismissione del patrimonio militare e la preoccupazione per la voracità del ministero della difesa, gli interessi della rendita immobiliare e la debolezza di una amministrazione attenta solo a fare cassa.

“L’incontro con i capigruppo strappato con la mobilitazione del 25 Ottobre si è svolto nella Sala del Carroccio, alla presenza del capogruppo del PDL Gramazio, del presidente della commissione urbanistica Di Cosimo, dei capigruppo di opposizione Quadrana, Marroni, Alzetta e Azuni, ha dato vita ad un confronto aperto e trasparente che ha permesso di far emergere tutti i nodi e le contraddizioni, ma non ha prodotto il cambio di rotta che ci aspettavamo”.

“I capigruppo hanno capito bene che non è possibile decidere i progetti da realizzare senza tenere conto caserma per caserma dei bisogni e delle aspettative della città, della necessità di coinvolgere i municipi e gli abitanti in un processo partecipativo vero e concreto. Come hanno compreso che è necessario emendare la delibera in discussione per dare maggiore spazio alle superfici ed ai progetti di carattere pubblico e sociale. Tuttavia il quadro che ne emerge rimane nella sostanza davvero sconfortante, nessun impegno preciso è stato preso: non solo la quota di superfici destinate a servizi pubblici rimane ancora inchiodata al 10% delle cubature che verranno realizzate (una vera miseria!); non è prevista accanto ai servizi una quota di alloggi di edilizia residenziale pubblica da destinare alle graduatorie ed all’emergenza abitativa; non è nemmeno chiaro che i privati che interverranno dovranno realizzare direttamente “a costo zero” per l’amministrazione la parte pubblica di tali progetti, oltre il danno.. pure la beffa!”.

In una città distrutta dal cemento privato e dalle speculazioni , si sceglie ancora una volta la strada di regalare le aree ed i gioielli di famiglia ai soliti costruttori invece di realizzare asili, presidi sanitari, spazi culturali e sociali, case a prezzi accessibili e popolari. Dove pensano di realizzare i 6000 alloggi popolari previsti dalle delibera del PIANO CASA Comunale? Quale credibilità ha una politica ed un ‘amministrazione che non rispetta nemmeno gli impegni presi pochi mesi fa? ”.

Consapevoli che la nostra richiesta di rimettere al centro le reali necessità dei romani attraverso la realizzazione di servizi e alloggi popolari riguarda l’intera città, non intendiamo fare passi indietro. Il nostro concetto di valorizzazione è lontano da quello che vogliono realizzare i Parnasi e i Caltagirone di turno con i loro project financing. Riteniamo che la città si valorizza nella tutela dei diritti primari di chi la abita e non aumentando potere e ricchezze dei padroni del mattone, i re di Roma cari a Veltroni e graditi anche ad Alemanno.

I movimenti per il diritto all’abitare si appellano ai comitati, alle reti, agli abitanti di Roma per produrre ancora una volta una forte sinergia ed alleanza dal basso, per costringere l’amministrazione comunale ad ascoltarci, per imporre e costruire un’altra città possibile.

Movimenti per il diritto all’abitare: Coordinamento cittadino lotta per la casa, Blocchi Precari Metropolitani, Action, Comitato Obiettivo Casa

Eidon: foto manifestazione 18 ottobre

http://www.eidonpress.com/shoot/show/id/36473

Social housing: i soldi ci sono, i progetti mancano

Pronti due miliardi per la casa, ma i progetti sono pochi.

Il Sole 24Ore, 25 Ottobre 1010

Scarica l’articolo in pdf:

social housing (Sole24Ore) 25.10.10

Milano: La casa e’ di chi la abita. 30 ottobre manifestazione

(parma) Nuova occupazione

Stamattina diverse famiglie con bambini e un gruppo di single sono stati costretti ad entrare, con l’appoggio della Rete diritti in casa, in una delle tante (troppe) case abbandonate di Parma in via Bengasi.

Non potevamo che occupare questo stabile abbandonato da anni.

Più volte abbiamo cercato di aprire un tavolo di discussione con le Istituzioni per trovare una soluzione dignitosa alla crescita del problema degli alloggi.

L’inverno scorso abbiamo chiesto al Prefetto di Parma la convocazione di un tavolo tra le persone senza casa, le associazioni che operano sul territorio e il Comune, per trovare risposte all’aumento vertiginoso degli sfratti per morosità e alla vita in strada a cui molti cittadini di Parma erano e sono costretti.

Abbiamo tentato di aprire un dialogo con l’Assessore alle politiche abitative Pellacini e quello alle politiche sociali Lasagna, prima contattandoli direttamente, poi facendoci sentire occupando simbolicamente il Duc per ricevere una loro risposta.

Sono anni che diciamo al Comune che l’emergenza casa colpisce duramente anche il nostro territorio e che la risoluzione complessiva di tale problema non può essere relegata all’annuncio mediatico di progetti troppo costosi per le casse comunali e i contribuenti, come l’housing sociale.

Progetti che non risolvono in nessuna maniera le esigenze dei tanti, troppi, che oggi a causa della crisi vedono comprensibilmente ridotti i propri redditi. Ad aggravare tale situazione vi è sicuramente l’assenza di strumenti statali e locali per aiutare chi ha perso il lavoro. Perdere il lavoro oggi non significa non voler lavorare ma significa che le imprese a causa della crisi tagliano i costi, lasciando migliaia di persone a casa senza reddito ma continuando comunque ad aumentare i propri profitti.

Ed in questo contesto l’occupazione di questo stabile ci segnala la noncuranza rispetto ai problemi dei cittadini di chi ha più possibilità. Uno stabile già occupato due anni fa da un gruppo di rifugiati politici che richiedevano il rispetto della loro condizione come l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati sentenzia.

Due anni fa la risposta fu lo sgombero coatto degli occupanti con la promessa della ristrutturazione dell’immobile per la vendita.[Leggi la raccolta di articoli]

Dopo due anni tutti possono verificare che le promesse non sono state mantenute. Lo stabile continua ad essere vuoto mentre centinaia di persone nella nostra città vivono in strada.

Questo è inaccettabile. Come è inaccettabile che nel 2010 in Italia le persone vengano lasciate da sole a risolvere i problemi economici che qualcun altro ha causato loro. Come è inaccettabile che Parma ospiti Tremonti per celebrare i progetti di housing sociale, nonostante si ritrovi con un aumento esponenziale delle persone senza casa.

Ben consapevoli che le famiglie che si rivolgono alla rete sono solo la punta di un iceberg e che nonostante ciò il Comune non fa altro che proclami e slogan, abbiamo già da oggi chiesto un tavolo di confronto con la Prefettura per affrontare seriamente il problema del diritto alla casa costantemente negato.

Da oggi “senza casa non ci sto” non solo rappresenta un grido di rabbia ma un’azione concreta per restituire dignità a chi ne è stato privato.

* case dignitose per tutti
* blocco totale degli sfratti
*moratoria sui mutui a tutte le situazioni in cui si è verificata perdita di reddito a causa della crisi
* trasformazione degli immobili abbandonati in edilizia popolare
* requisizione delle case sfitte a fini speculativi

CASA, REDDITO, DIGNITA’ PER TUTTI

rete diritti in casa-parma

(torino) Bloccato uno sfratto

Bloccato lo sfratto in corso Regina 17. Stamane il progetto prendo casa è riuscito a fermare l’ennesimo sfratto in Vanchiglia.. Insieme si può fermare gli sfratti e i palazzinari che speculano sulla testa di intere famiglie nella nostra città.

Il caso di oggi assomiglia a molte situazioni purtroppo già viste. Sempre più famiglie, schiacciate dal peso della crisi, non riescono a pagare l’affitto a fine mese e incorrono in sfratti esecutivi per morosità. Queste famiglie vengono immediatamente sbattute in mezzo alla strada. Proprio come poteva succedere oggi: Gianfranco e sua moglie hanno sempre pagato il loro padrone di casa, proprietario di numerosi altri alloggi, ma alla perdita del lavoro di lei non ce l’hanno più fatta! Gianfranco si è indebitato con le banche per avere finanziamenti che gli permettessero di onorare la spesa dell’affitto, ma appena il proprietario ha visto diminuire il suo profitto mensile su quell’alloggio li ha portati subito in tribunale senza lasciar loro chance.

Questa famiglia ha fatto il giro di molti portoni, di istituzioni pubbliche e servizi sociali, ma nessuno è stato in grado di risolvere il problema dell’emergenza abitativa piombata nella loro vita.

Stamattina dalle 08.00 in corso Regina si è creato un presidio di resistenza allo sfratto che si è stretto intorno alla famiglia; tanti abitanti del quartiere Vanchiglia hanno portato la loro solidarietà informandosi e dando sostegno.

Gianfranco ha scritto un volantino che oggi veniva distribuito nel quartiere, in cui a gran voce denunciava la poca umanità e dignità tenuta dal proprietario…quest’ultimo è un palazzinaro senza scrupoli che nei giorni scorsi si è anche permesso di minacciare la moglie e la madre di Gianfranco, un anziana di 82 anni, avvertendole che sarebbe stato meglio lasciare immediatamente l’alloggio senza procurare fastidi..ma loro non si sono fatti intimidire; si sono rivolti allo sportello prendo casa riuscendo così a rispondere collettivamente allo sfratto, ribadendo che la casa è un diritto che va difeso contro gli speculatori di turno.

Alle 12.00 sono arrivati l’avvocato del proprietario e l’ufficiale giudiziario che, vedendo la determinazione della famiglia e del presidio, hanno accettato senza troppe discussioni la proroga dello sfratto di tre mesi.

Sfratto rinviato al 20 gennaio!

Fermare gli sfratti è possibile!

Prendo Casa Torino