HOUSING SOCIALE A PARMA
INTRODUZIONE:
A Parma l’Housing Sociale sta riscontrando un generale consenso tra le parti politiche istituzionali ed è accompagnato da una campagna mediatica fuorviante. Il primo intervento nazionale di Housing Sociale che si sviluppa proprio a Parma viene presentato come salvifico a fronte di una situazione di emergenza abitativa continua e in costante aggravamento. È necessario invece fare una attenta analisi critica dell’Housing Sociale innanzitutto perché questo tipo di progetti sta intercettando tutti i contributi pubblici in materia di edilizia residenziale, sostituendo in modo completo quello che è sempre stato lo strumento principe dell’intervento pubblico nella materia, cioè la casa popolare.
Nella fase economica attuale e di medio-lungo periodo un numero sempre più alto di persone rischia di non poter accedere a uno dei diritti primari fondamentali, quello dell’abitare. Questa fase è infatti caratterizzata dall’estendersi di situazioni di disagio economico per ampie fasce della popolazione, dal precariato diffuso, dai licenziamenti, dalla cassa integrazione, con un mercato degli alloggi che difende gli interessi dei detentori di rendite grazie alla liberalizzazione dei costi dell’abitare, con un numero di sfratti in crescita esponenziale e quasi sempre per morosità. Logica vorrebbe che si estendessero le capacità di protezione sociale per i lavoratori e per le nuove figure sociali che, se lasciate in balia del mercato, non trovano alcuna risposta alle loro esigenze di un alloggio. Il sistema di Welfare della Regione Emilia Romagna non regge l’urto della crisi, si rischia l’esclusione sociale per le ca tegorie deboli. Invece gli interventi in materia di politiche abitative, in Emilia Romagna, a Parma come altrove in Italia, si sono concentrati esclusivamente su progetti che possono offrire risposta ai bisogni abitativi di fasce della popolazione a livello economico intermedio (di solito si fa testualmente riferimento a coloro che non hanno i requisiti per accedere alle case popolari).
I vari progetti Parmabitare, Affitti Garantiti, Casadesso cui ora si aggiunge il Social Housing, hanno costituito negli ultimi 10 anni il surrogato dei veri e propri alloggi ERP e se i relativi bandi hanno raccolto delle domande (comunque in numero molto inferiore ai bandi per le case popolari) ciò è stato perché ormai chi è in stato di necessità fa tutte le domande possibili immaginabili, per poi dover rinunciare all’assegnazione perché gli affitti richiesti sono proibitivi anche se inferiori a quelli di mercato (300/450 euro al mese più le spese).
Parallelamente si è assistito dal 2005 in avanti a un processo di vendita a privati delle case popolari (almeno 60 alloggi persi dal patrimonio pubblico oltre alla vendita di quasi tutte le altre proprietà immobiliari non utilizzate di proprietà comunale) i cui introiti non sono stati reinvestiti per costruire nemmeno un nuovo alloggio di edilizia sovvenzionata nonostante le tante dichiarazioni in merito.
Come vedremo la parte più consistente dell’intervento di Housing Sociale è quello degli alloggi destinati alla vendita a prezzo più contenuto rispetto al mercato (edilizia convenzionata). Anche qui niente di nuovo sotto il sole perché di questo tipo di alloggi a Parma ne sono state già costruite diverse centinaia, altre sono in fase di ultimazione (ad esempio zona sud tra via Spezia e Via Traversetolo).
Anche questo tipo di edilizia non risponde certo alle esigenze di chi si trova in difficoltà economica ed affolla le liste d’attesa per l’assegnazione di case popolari.
Questi progetti di cosiddetta edilizia sociale servono in realtà principalmente a sostenere le sorti del settore edile, cui l’amministrazione locale è molto sensibile. Settore che dopo anni di allegra speculazione sta ora segnando il passo in conseguenza della crisi e va mendicando ovunque interventi pubblici per sostenere la costruzione di alloggi a prezzi più contenuti rispetto ai prezzi stratosferici del passato e che vantano maggiori possibilità di vendita. Tutto ciò risponde alla strategia fallimentare di tentativo di uscita dalla crisi col rilancio del settore del mattone che sta caratterizzando la politica economica del governo Berlusconi.
Ci sono dei dati che gli amministratori continuano ad ignorare e che sono fondamentali. è rilevante che tra le 1658 richieste di assegnazione di Case Popolari riscontrate nell’ultimo bando del 2008 il 48 % (796 famiglie) abbiano un ISEE inferiore a 4.500 Euro e il 16% (265 famiglie) abbiano un ISEE inferiore a 8100 Euro. Con questi redditi non si trova sollievo con nessuna delle offerte di alloggio “sociale” prodotto dall’amministrazione locale negli ultimi 10 anni.
Negli anni che corrispondono a grandi linee dall’inizio delle amministrazioni Ubaldi in avanti si è assistito a un progetto di ridefinizione della città che ha fatto dell’espansione urbanistica continua la sua principale linea di condotta, per: attrarre dall’esterno (dalla montagna per esempio o dal sud Italia o dalle città vicine) nuovi abitanti in un’ottica di competizione globale con gli altri territori, con una grande offerta di alloggi privati ad alto costo (in quantità veramente abnorme per città di questa dimensione) e con un certo numero di alloggi di edilizia convenzionata per lavoratori che se la possono comunque permettere (1800/2100 Euro al mq), una massa di nuovi clienti per i tanti centri commerciali che stanno sorgendo come funghi in ogni angolo di città. Per chi è in situazione di difficoltà economica la mancanza di un sostegno reale per l’accesso all’abitazione (c ome il blocco alla costruzione di case popolari) può essere visto come un incentivo all’andarsene (si veda in questo senso anche l’invito spesso rivolto alle donne migranti e ai loro figli che si rivolgono ai servizi sociali nei momenti di difficoltà) o a vivere in condizioni di degrado (vedi il caso dei tanti lavoratori senza famiglia che vivono in alloggi sovraffollati o in veri e propri tuguri) sgravando tra l’altro le casse comunali da costi che sono considerati fastidiosi. Ecco poste le basi per la città borghese, ordinata e supercontrollata tanto gradita agli imprenditori locali e ai loro supporters nelle istituzioni.
PARMA SOCIAL HOUSE
Descrizione intervento
Il progetto di Housing sociale nella sua prima fase di attuazione prevede l’edificazione di 852 alloggi in totale entro il 2012 su una superficie lorda utile di 63.000 mq. Altri 1100 alloggi saranno edificati su un’area di 65000 mq prevista dal psc la cui attuazione avverrà nei prossimi anni.
Queste nuove costruzioni sfruttano la possibilità di aumentare la capacità edificatoria prevista dalla legge 244/2007 (finanziaria 2008) andando in deroga a quanto previsto dal PSC in aree destinate ad attività sociali e commerciali offrendo su un piatto d’argento alle imprese che si aggiudicano il bando la possibilità di erigere ad aumentare ulteriormente l’edificabile con notevoli incentivi pubblici il che, in un periodo di crisi del settore, sembra essere la vera finalità del progetto.
Con il pretesto della finalità sociale (tutta da dimostrare) si aggirano i vincoli urbanistici andando a incrinare ulteriormente gli equilibri ambientali ed ecologici di un territorio già massacrato.
Il tutto avverrà in 7 aree di trasformazione urbana del comune di Parma (1^fase) (Crocetta 144 alloggi, Via Chiavari 280 alloggi, Via Sant’Eurosia 289 alloggi, Area Rossi & Catelli 98 alloggi, Via Spezia 20 alloggi, Via Budellungo 9 alloggi, Pannocchia 12 alloggi) contribuendo ulteriormente alla sottrazione di aree verdi e agricole e prendendo in considerazione solo nel caso dell’Area ex Rossi & Catelli la possibilità di convertire ad uso abitativo qualcuna delle tante aree dismesse della città. Completamente ignorata la possibilità, pure prevista dal comma 10 dell’art. 11 del DL 112/2008, di utilizzare ad esempio le aree militari cittadine dismesse. Occorre qui ricordare che un recente rapporto di Legambiente rileva che Parma risulta essere la terza città in Italia (dopo Roma e Venezia) per suolo agricolo consumato a vantaggio della speculazione immobiliare, circa un km quadrato all’anno.
Il costo di costruzione totale per la prima fase è di 105 milioni di Euro.
TIPOLOGIE DI ALLOGGI OFFERTI
1) Il 30% degli alloggi (265) sarà affittato a canone concordato ridotto del 30%;(costo presunto tra
300 e 400 euro al mese più le spese)
2) Il 20% degli alloggi (182) sarà affittato a canone convenzionato pari al 4,5% del prezzo previsto
per la cessione della piena proprietà, con previsione di riscatto dell’alloggio all’ottavo anno
(Edilizia Convenzionata in locazione a canone convenzionato), costo indicativo Euro 600 al mese
circa più spese per alloggi di 80mq.
3) Il 50% circa degli alloggi (405) sarà venduto come edilizia convenzionata a 1850 Euro al MQ.
Due sono gli aspetti che balzano subito all’occhio: il 70% degli alloggi di questa prima tranche del progetto pur godendo di un cospicuo finanziamento pubblico sono costituiti da edilizia convenzionata, che da anni il privato realizza da anni senza i finanziamenti pubblici che sotto descriveremo. Dove sta in questo caso l’interesse pubblico?
Come si può vedere il livello dei costi per locazione e vendita, sebbene più bassi rispetto al mercato (eccetto la seconda tipologia) non rispondono alle esigenze di gran parte di coloro che hanno presentato domanda per le case popolari cioè per le fasce della popolazione in difficoltà economica.
Altri aspetti del progetto meritano un minimo di approfondimento: lo “Schema tipo di Convenzione disciplinante gli interventi di Edilizia Residenziale Sociale” approvato dal Consiglio Comunale con delibera n° 96 del 12.10.2010 fissa i criteri preferenziali per la definizione delle graduatorie, che devono dare la precedenza alle giovani coppie, ai nuclei con anziano di età superiore ai 70 anni o con persona che presenta invalidità superiore al 67% o composti da nuclei famigliari di almeno 4 persone e nuclei monogenitoriali.
Il Comune di Parma ha ottenuto in sede di definizione della convenzione che una quota del 25% degli alloggi in locazione (cioè circa 66) “siano assegnati a coloro che risultano già assegnatari di alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica e sociale e in subordine ad altre categorie in base alle esigenze della collettività”.
Quindi solo una piccola quota delle nuove costruzioni in locazione potrà seguire dei percorsi di assegnazione definiti secondo le priorità che saranno successivamente definite nello specifico dal Comune.
Un altro 10% delle assegnazioni degli alloggi in locazione saranno a disposizione dei soci delle cooperative edilizie facenti parte dell’ATI
Un altro 10% sarà riservato a famiglie che possiedano ulteriori requisiti indicati dagli investitori.
Per le altre assegnazioni esiste il criterio di ordinazione secondo il criterio del reddito più basso ma questo principio viene contraddetto da un altro criterio che prevede che i nuclei famigliari con ISEE inferiore a 25.000 euro non eccedano il 66% del totale a fronte di nuclei famigliari con ISEE superiore ai 25000 Euro che non devono eccedere il 34% del totale degli alloggi assegnabili.
Si ricorda qui che il valore ISEE è calcolato dividendo la somma dei redditi del nucleo per un quoziente tanto più alto quanto più alto è il numero dei componenti della famiglia e che pertanto un ISEE superiore a 25.000 Euro corrisponde a una somma di redditi ben consistente. (vedasi per confronto i livelli ISEE rilevati per domande case popolari sopra indicati).
Ma la norma contenuta nello stesso schema di convenzione che ci conferma che ad essere tutelata è in primo luogo la redditività dell’investimento è quella contenuta nell’art.13 comma 2 che riportiamo per intero di seguito:
E’ facoltà del soggetto attuatore, per tramite del Gestore Sociale, non procedere all’assegnazione dell’alloggio al nucleo familiare che fruisca di un reddito netto pari o inferiore a 3,75 (tre virgola settantacinque) volte la somma del canone di locazione oltre Iva e imposta di registro; il limite di reddito dovrà essere dimostrato con riferimento all’ultimo anno, per i redditi derivanti da rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ed agli ultimi tre anni, per i redditi derivanti da rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato o da lavoro autonomo.
Come si può vedere la logica imprenditoriale insita in questo tipo di interventi ne limita sul nascere il valore sociale perché in questo modo si crea la possibilità di escludere i nuclei monoreddito.
COSTRUTTORI E GESTORI
Le imprese di costruzione, già selezionate mediante bando sono una ATI (Associazione Temporanea di Imprese) costituita da Buia Nereo srl, Cooperativa di produzione e Lavoro Bruno Buozzi scrl, CME Consorzio Imprenditori Edili Soc.Coop, La Nuova Speranza scrl, Parma 80 s.c., Cooperativa Edile Artigiana s.c., Cooperativa Case Popolari scrl, Cooperativa Residence scrl.
L’Ente Gestore che curerà tra l’altro le assegnazioni: Cooperativa Edilizia Case Popolari scrl, La Nuova Speranza scrl, Parma 80 s.c.
Tra gli incentivi che hanno reso particolarmente appetibile il progetto: la cessione di aree da parte del Comune di Parma in diritto di superficie per 99 anni, l’esenzione dal pagamento del contributo costruzione (art.27 LR 31/2002) tenuto conto dell’interesse pubblico e l’abbattimento dell’aliquota ICI.
FINANZIAMENTI:
Come anticipato nell’introduzione, il Social Housing è l’unico intervento in materia di politiche abitative messo in atto con determinazione dallo stato e sta soppiantando totalmente la classica edilizia residenziale pubblica (case popolari).
Il Piano Nazionale di edilizia abitativa del Governo Berlusconi approvato col Decreto Legge112/2008 prevede un sistema integrato di fondi immobiliari (SIF) pubblici e privati per l’avvio dei progetti social housing. Nell’ambito di questo sistema integrato il fondo nazionale (gestito da SGR, Società Gestione del Risparmio della Cassa Depositi e Prestiti) dovrà investire in fondi immobiliari locali attraverso partecipazioni nel limite del 40%.
Parma risulta essere la prima città in Italia ad aver sviluppato la progettazione per il social housing (altri progetti sono in preparazione a Torino, Monza, Roma e nel Veneto).
Nel frattempo è stato costituito il fondo immobiliare locale, Fondo Polaris Parma Social House (Fondo Comune di investimento immobiliare chiuso) del quale sono state sottoscritte le seguenti quote:
-25 milioni di Euro dalla SGR Cassa Depositi e Prestiti (ex Stato ora SPA)
-10 milioni di Euro dalla Fondazione Cariparma
– La Legacoop, in considerazione del fatto che al progetto lavorano 3 cooperative associate, ha aderito tramite il proprio fondo Coopfond al fondo locale mediante la sottoscrizione di quote per 1,5 milioni di Euro.
-15 milioni di Euro che dovrebbero essere stanziati dal Comune di Parma tramite la Holding partecipata interamente dal Comune Stt spa. Questo conferimento merita più di una osservazione in quanto la situazione finanziaria di questa holding è disastrosa. Stando alle dichiarazioni dell’Agenzia di rating Standard & Poor’s sarebbe già indebitata per 172 milioni di Euro a fronte di ipoteche sul patrimonio immobiliare del Comune, appositamente sopravvalutato, che lo rendono indisponibile per qualsiasi intervento di recupero e uso comune.
STT si appresterebbe ad effettuare emissione di Bond sul mercato americano per trovare i fondi necessari al finanziamento delle due opere che l’attuale amministrazione comunale pone al centro della sua strategia di sviluppo cioè il Welfare Community Center e proprio i Parma Social House.
Quindi il meccanismo che si sta mettendo in moto è che per sottoscrivere le quote del fondo immobiliare per il Social Housing STT emette ulteriori titoli indebitandosi ulteriormente.
Infine la Regione Emilia Romagna ha stanziato un contributo a fondo perduto di 3.061.771,13 euro per la realizzazione del primo stralcio, che sarà localizzato nell’area Ex Rossi e Catelli.
VALUTAZIONI FINALI SUL PARMA SOCIAL HOUSE
Durante un recente incontro pubblico organizzato dalla Rete Diritti in Casa e dalla SRU (Società di Riappropriazione Urbana), il professor Giovanni Caudo dell’Università Roma Tre aveva relazionato rispetto a quelle che dovrebbero essere i criteri di sostenibilità per i progetti di Housing Sociale al fine di renderli utili socialmente e non funzionali solo ai costruttori.
Le quattro sostenibilità, Territoriale, Sociale, Gestionale ed Economica non trovano alcun riscontro nel Parma Social Housing rispettivamente per consumo di suolo, target sociale sbagliato, scarso controllo pubblico nella gestione (oltre a scarsa partecipazione dell’utenza e loro associazioni), costo economico elevato per la tipologia di alloggi proposti.
Inoltre, a conferma della tesi che sostiene che questo tipo di interventi sono fatti a sostegno dei costruttori e per un folle piano di rilancio dell’economia trainato dall’edilizia facciamo notare che le condizioni per i costruttori sono favorevolissime. Come sopra specificato i terreni sono ceduti dal Comune in diritto di superficie per 99 anni e questo rappresenta un risparmio notevole di costi per le imprese costruttrici che godono per giunta, oltre ad agevolazioni fiscali, anche di una copertura finanziaria a tasso agevolato per circa il 50% del costo complessivo dell’intervento e dulcis in fundo il contributo a fondo perduto di oltre tre milioni di Euro della Regione Emilia Romagna per far partire il primo stralcio.
L’obiettivo è ridurre al minimo il rischio d’impresa, il tutto a fronte di un’utilità sociale estremamente debole (solo 265 alloggi a canone sostenibile su un totale di 852 possono essere fruiti da utenti di livello economico intermedio) escludendo per l’ennesima volta le fasce più deboli della popolazione e coloro che sono colpiti in modo più severo dalla crisi economica.
Il nostro no a questo tipo di intervento è netto e la lotta per l’affermazione del diritto all’abitare continuerà a Parma in tutte le sue forme indipendentemente dalle dichiarazioni esaltate dei sostenitori dell’housing sociale.
Le responsabilità dell’amministrazione locale è grave perché Parma ha goduto dalle amministrazioni Ubaldi in avanti di un atteggiamento particolarmente benevolo dal governo centrale per quel che riguarda finanziamenti e contributi. Dall’insediamento dell’Authority Alimentare in poi a Parma sono fioccati un bel po’ di decine di milioni di Euro, orientati tutti verso progetti la cui utilità è stata smascherata da mobilitazioni importanti (vedi metro). Se il Comune di Parma avesse avuto veramente a cuore le sorti dell’emergenza abitativa avrebbe dovuto usare diversamente contatti e amicizie nel governo di centro destra.
E L’EDILIZIA POPOLARE?
Qualche politico in perfetta malafede, l’ultimo è stato Libè, continua ad affermare che l’intervento di Social Housing risolverà l’emergenza abitativa anche se dovrebbe essere chiaro a tutti che le finalità dell’intervento e il target sociale sono altri.
Il Comune di Parma, probabilmente sollecitato dalla forte (per una città come Parma) mobilitazione sociale sul tema abitativo ha proposto anche un intervento in materia di ERP classica, cioè le case popolari
Come da tempo denunciamo, dal 1998 in avanti (dalla prima amministrazione Ubaldi fino ai giorni nostri) non sono state costruite a Parma nuove case popolari. Gli unici nuovi edifici di edilizia sovvenzionata cioè 6 alloggi in piazzale Sicilia e 28 alloggi in Via Lazio, inaugurati dall’Amministrazione Vignali, sono frutti di progetti elaborati e finanziati prima dell’avvento di Ubaldi e portati a compimento con vergognosa lentezza.
L’unico ulteriore provvedimento intrapreso in materia di case popolari è stata la vendita di circa 60 alloggi, vendita iniziata nel 2006 e che non ha portato finora a nessun reinvestimento.
Il saldo, per il patrimonio immobiliare comunale a canone sociale è quindi pesantemente negativo, a fronte di un aumento della domanda notevole (nel 1999 le domande erano state 965,nel 2006 sono arrivate a 1200, nel 2008 si è saliti a 1659).
Il fatto che oggi l’assessorato alla casa e politiche abitative annunci con la solita enfasi che il patrimonio comunale si arricchirà di oltre 150 nuove case popolari da realizzarsi nel periodo settembre 2010/settembre 2012, merita a nostra avviso una analisi più approfondita:
Innanzitutto questa promessa deve essere letta nel contesto della generale immobilità in materia riscontrata nei 12 anni precedenti di amministrazione di centro destra, immobilità aggravata dalla vendita ai privati di decine di appartamenti
Bisogna prendere queste dichiarazioni con le molle perché non siamo nuovi a annunci entusiastici di interventi che non si sono poi fatti o che si sono poi ridimensionati (Bigliardi era specialista in materia di dichiarazioni altisonanti e ripetute poi smentite nel tempo dai fatti)
E’necessario leggere tra le righe delle dichiarazioni per capire in cosa consiste l’intervento.
In merito al punto 3) in dettaglio gli alloggi previsti dal piano straordinario saranno i seguenti:
16 alloggi da acquistare tramite Acer sul mercato dell’usato ex pubblico e sul mercato delle privatizzazioni di enti pubblici;
22 alloggi ancora in costruzione di Parmabitare località Vicomero che passano da canone concordato a canone erp
12 alloggi Acer che vengono messi a disposizione per la locazione
9 alloggi da mettere a disposizione siti in Via Guastalla
15 alloggi da mettere a disposizione tramite acquisto di Acer sul mercato privato o provenienti da progetti ministeri di edilizia agevolata-convenzionata e non utilizzati per i fini originari
24 alloggi di nuova edificazione messi a disposizione da Acer in Via Fleming.
TOTALE 98 alloggi che si aggiungono all’esistente per le assegnazioni.
Altri 56 alloggi (20 in via Olivieri n° 6-8 e 36 alloggi ripristinati in varie parti della città) facevano già parte del patrimonio pubblico ed erano solo da tanto tempo in attesa di ristrutturazione, tra l’altro già più volte annunciata in passato con il solito clamore.
Nel complesso si tratta di un intervento positivo, che mette a disposizione qualche alloggio aggiuntivo per le centinaia e centinaia di persone che vedono negli alloggi a canone erp l’unica possibilità di accedere al diritto all’abitare. Se valutato però nel contesto complessivo, se consideriamo che nel frattempo di alloggi popolari ne sono stati venduti 60 e quindi il saldo netto è di + 38 alloggi in 12 anni di immobilismo in questo settore la valutazione per l’operato del Comune di Parma nel campo dell’edilizia popolare è pesantemente negativa
Parma, novembre 2010
RETE DIRITTI IN CASA PARMA