Report incontro nazionale “abitare nella crisi” (Roma, Porto Fluviale occupato -3 luglio 2010)

Realtà presenti: Roma,
Firenze, Pisa, Cosenza, L’Aquila, Bologna, Milano

 

Ci siamo incontrati
all’interno di una caserma occupata da 7 anni proprietà del
ministero della difesa e attualmente facente parte della lista di
immobili del demanio militare in dismissione. La caserma del Porto
Fluviale rappresenta un elemento di resistenza rispetto alla
valorizzazione basata sui processi speculativi della rendita
immobiliare e del capitale finanziario, una battaglia per la difesa
del patrimonio pubblico, un’idea di recupero urbano e di centralità
di un abitare basato sui diritti e sull’inclusione sociale delle
metropoli anziché sulla loro privatizzazione.

Gli interventi che si
sono succeduti
hanno toccato molti temi che hanno ripreso i fili di
ragionamento avviati nella tre giorni di Firenze e nell’incontro
bolognese all’interno del festival antifa del mese scorso. Il
vivere urbano e il ruolo degli abitanti de L’Aquila alle prese con
la ricostruzione post terremoto, a Milano dove la lotta per il
diritto alla casa nei quartieri popolari si intreccia con la
battaglia contro l’impatto dell’expo, il consumo di suolo e
l’espulsione continua di residenti storici dalla città
consolidata. Soprattutto Milano ha insistito nell’illustrare la
funzione devastante del PGT (Piano di Governo del Territorio) e la
sua logica di privatizzazione e finanziarizzazione dei territori che
rischia di essere un pericoloso precedente in grado di diffondersi
come esempio di governance a livello nazionale. Anche Firenze alle
prese con il “piano strutturale” e Roma con la possibile sequela
di varianti al piano regolatore generale di Veltroni e le politiche
dei grandi eventi dai mondiali di nuoto dello scorso anno fino al
“sogno” delle Olimpiadi 2020 si sono soffermate sul disegno delle
città, le sue implicazioni sull’abitare con l’evidente rapporto
tra speculazione e precarietà, tre rendita e reddito.

L’Aquila ha declinato
ragionamenti simili partendo non da grandi eventi o dalla città
vetrina
, ma dal disastro che comunque ha messo in moto la grande
macchina dell’emergenza, del controllo e del cemento. La città
intesa come luogo di incontro, di socialità e di possibile
autorganizzazione nella difesa dei diritti viene smantellata e
l’emergenza, anche quella alloggiativa, viene usata per disegnare
dispositivi di controllo e di vivere urbano rappresentato dalle new
town o centri di accoglienza, residence o contenitori che dir si
voglia. La parte pubblica fa un passo indietro e i privati vengono
chiamati a governare il territorio e gli affari, anzi le
amministrazioni usano il patrimonio per fare cassa e ripianare il
debito che loro stesse hanno creato strozzando la possibilità di un
disegno delle città basato sulla qualità della vita e i bisogni di
chi le abita.

Le mobilitazioni e le
effervescenze che si registrano sul terreno della lotta
per il
diritto all’abitare incontrano sempre più spesso, in molte delle
città presenti all’incontro, il tema delle trasformazioni
urbanistiche e si intrecciano con un ceto sociale più largo di
quello dell’emergenza abitativa. A Roma il fenomeno delle
dismissioni sta interessando migliaia di inquilini che rischiano di
perdere l’alloggio travolti dalle speculazioni e dalle necessità
di fare soldi degli enti privatizzati, degli istituti di credito e
delle compagnie assicurative.

Il salto di qualità
nell’interpretazione di ciò che sta accadendo e la necessità di
non farsi affossare dai numerosi sgomberi ai quali abbiamo assistito
in questi mesi, sono tornati ripetutamente in tutti gli interventi.
Da qui è scaturita la proposta di costruire in rete e in maniera
orizzontale un meeting di tre giorni da tenersi a Roma dall’otto al
dieci ottobre, dove mettere a fuoco tre elementi fondamentali: le
mappe e più in generale gli strumenti di un’inchiesta sociale viva
dei territori delle loro contraddizioni e delle loro capacità di
autorganizzazione, l’analisi della crisi e delle sue conseguenze in
termini di impatto sociale e di possibilità di costruire
l’alternativa ed infine le pratiche e l’immaginario comune e
condivisibile. Questa tre giorni che dovrebbe dare il respiro
necessario ad “abitare nella crisi”, si propone venga preceduta
da un appuntamento intermedio di costruzione da tenersi l’undici e
il dodici settembre a L’Aquila, sia per la richiesta proveniente
dai presenti alla riunione sia per il grande valore che ha quella
città rispetto alla crisi, all’emergenza e al controllo.

Per quanto riguarda
l’iniziativa concreta
si dovrà lavorare ad una ripresa del
confronto in rete usando sia la lista sia il blog di “abitare nella
crisi”, partendo da questo report e da una possibile
generalizzazione della moratoria sugli sfratti, sulle dismissioni
selvagge, sugli sgomberi, sulle insolvenze nei mutui, negli aumenti
d’affitto. La moratoria come possibile bandiera di lotta unificante
con la quale costruire prossime mobilitazioni dopo quella di Roma a
Montecitorio, dove l’inquilinato resistente ha manifestato
mischiandosi con gli occupanti e con gli sfrattati, evidenziando
chiaramente cosa vuol dire oggi abitare nella crisi.