19/20 marzo: abitare nella crisi torna a L’Aquila

Solo il 26 e 27 Febbraio scorso “Abitare nella crisi”, nella sua navigazione ha toccato un’altra sponda contribuendo allo sviluppo di un proficuo momento di confronto organizzato a Napoli dalla Rete campana salute e ambiente sul nesso tra grandi opere, grandi eventi e i grandi affari. I grandi affari che in tempo di crisi continuano ad ingrossare le tasche dei capitalisti italiani saccheggiando risorse che sarebbero invece necessarie per la tutela di un territorio insopportabilmente devastato da inquinamento criminale e dissesto idrogeologico e per una non più procrastinabile redistribuzione del reddito verso quelle componenti sociali precarie e in via di precarizzazione che subiscono in prima persona gli effetti della crisi.

Un altro importante pezzo di ragionamento è stato accumulato incastrandosi nel percorso comune attivato da ormai più di un anno tra realtà di molte città italiane impegnate sul fronte della lotta per il diritto all’abitare, il contrasto alla rendita, alla speculazione, alle nocività e per la difesa dei beni comuni, assumendo anche il tema dei referendum per l’acqua pubblica e contro il nucleare come ulteriori percorsi di confronto e di lotta.

Ci riconvochiamo nella città de L’Aquila che dopo il dramma del terremoto e la rapacità della shock economy legata alla ricostruzione, ha conosciuto la forza di migliaia di persone che si sono mobilitate per il diritto ad una città vera e pubblica al posto di quella militarizzata e surrogata che il post emergenza ha restituito. Partiremo proprio dalla nuova occupazione sociale aperta nel cuore della città per riannodare i fili di quelle tele che ognuno sui propri territori sta intrecciando nel tentativo, oggi più che mai voluto e auspicato, di far emergere un disegno comune in grado di fermare la corsa di un capitalismo vorace e onnivoro che devasta i territori e distrugge diritti.

I tentativi speculativi riguardanti aree ex industriali o agricole, nei quali l’opportunità della costruzione è dettata dalla possibilità di riciclare denaro e dalla volontà di incrementare le rendite (oltre che, nel caso dell’industria, di delocalizzare), aggravano ulteriormente l’impatto della crisi sull’abitare i territori, attraverso sia l’imposizione di un ricatto sia la ricerca di un consenso: il ricatto all’ente locale si fonda sulla possibilità di incassare gli oneri di urbanizzazione (opere o cash) mentre quello al cittadino si fonda sulla “minaccia dell’abbandono” funzionale alla strategia per ottenere consenso in cui si tratta ciò che in realtà è una speculazione come un’occasione per ottenere lavoro (in realtà sottopagato e senza diritti) e case (a prezzi inaccessibili e quindi prevalentemente sfitte ed invendute). Le istituzioni locali, oltre che essere in una posizione di svantaggio che impedisce un governo reale del territorio, non perdono occasione per dimostrare una netta connivenza con queste operazioni speculative.

Del resto dilagano nelle cronache gli scandali di affittopoli e svendopoli, prosegue ed accelera di fronte alla crisi ed ai tagli la svendita del patrimonio pubblico, di quello degli enti previdenziali, delle case popolari proprio mentre la precarietà abitativa, come un virus, coinvolge sempre più persone quando non diviene vera e propria emergenza. Mentre pochi continuano ad arricchirsi per una rendita spropositata, si continua a richiedere l’esecuzione di migliaia di sfratti soprattutto ai danni di chi diventa moroso per l’incompatibilità tra un livello degli affitti senza precedenti ed un reddito sempre più basso e discontinuo. Dopo una finestra lunga più di un mese, anche quest’anno la montagna ha partorito il topolino di un provvedimento di salvaguardia per poche categorie “protette” drammaticamente insufficiente. Mentre si pensa, con cosiddetti “piani casa regionali” e con l’housing sociale, a realizzare un far west dell’ urbanistica e dell’edilizia dando spazio e fiato all’industria della cementificazione, rimane intonsa la famigerata legge 431 sul libero mercato degli affitti, non c’è neppure l’ombra del necessario investimento sull’edilizia residenziale pubblica, di un piano di case popolari che rappresenta l’unica risposta possibile per i tanti/e che sono già sprofondati nel grande buco nero della crisi abitativa e sociale.

Negli ultimi tempi però la precarietà abitativa ha rappresentato per tutti noi un importante terreno di convergenza tra le soggettività di precari frammentate e atomizzate nella metropoli: ne è emerso un corpo sociale meticcio fatto di italiani, rom e migranti, giovani precari e anziani con la pensione, madri sole con figli e mariti separati rimasti senza casa, tutti uniti da una precisa condizione materiale dalla quale prendono corpo vertenze importanti ed articolate, dalle occupazioni di case e spazi socio – abitativi, dalle resistenze dell’inquilinato e a quelle degli inquilini senza titolo,dalle lotte per il recupero e l’autorecupero del patrimonio dismesso fino alla questione connettiva e generale della richiesta di nuove case popolari.

Dopo aver costruito un tessuto di analisi e proposte condiviso, nella due giorni dell’Aquila saremo chiamati dunque a definire i passaggi concreti attraverso i quali articolare, nel paese, campagne e battaglie comuni.

Questo è l’obiettivo che la due giorni di discussione crediamo debba mettere al centro ed assumere. Certamente assumere questa centralità rispetto alle giornate del 19 e del 20 Marzo prossimi, non vuol dire astrarre la riflessione, il percorso, le lotte che si intrecciano nello spazio di abitare nella crisi dalla fase che stiamo attraversando e vivendo. Vuol dire al contrario farsi carico della necessità di costruire un più vasto movimento che metta al centro la questione del “diritto di suolo” e del “diritto al reddito” come rottura del ricatto dei profitti sulle nostre vite. Se a livello locale le nostre lotte si contrappongono quotidianamente metro dopo metro allo strapotere della rendita strappando con le unghie il diritto alla casa e all’abitare, a livello nazionale è necessario connettere la questione della garanzia di reddito per tutti a quella dei beni comuni.

Indichiamo sin da ora nella manifestazione sull’acqua pubblica e i beni comuni del 26 marzo a Roma un importante appuntamento da far crescere ed in cui confluire anche unitariamente. Ma altre possono essere le suggestioni e le proposte da percorrere e praticare. I due giorni di Abitare nella Crisi ed i prossimi Stati Generali della Precarietà convocati a Roma per il 15, 16 e 17 Aprile, rappresentano due snodi cruciali se si vuole determinare la crescita ed alimentare un più vasto movimento che raccolga la rabbia e la voglia di cambiamento che si è espressa da Terzigno, alla Val di Susa, passando per molte altre città e territori, fino all’esplosione di piazza del Popolo a Roma.

 

A breve info sul programma